Il territorio dei tre confini

Prisma triangolare dove si toccano i tre confini Trana-Piossasco-Sangano

I tre confini Sangano-Trana-Piossasco

I tre confini Sangano-Trana-Piossasco

Spartiacque Trana Sangano

Bosco delle fate

Bambino di oggi…
O di un tempo che fu'…
Ferma un momento
E posa il tuo "tu"
Sei giunto in un bosco incantato
Dove Elfi, Gnomi, Fatine e Folletti
Hanno sempre abitato
Per proseguire, chiedi il "permesso"
Poi guardati attorno!!…………….
Un ramo?? Una foglia?? o un fiore
Si è mosso??
Vuol dir che il permesso, ti è
Stato concesso.
Or prima di entrare
Prometti col cuore
Che al nostro "bosco"
Non arrechi dolore
Cogli un fiore, se vuoi
Da portare lassù
E con il tuo cuore
Offrire a Gesù'
Prima di uscire
Ringrazia, se vuoi
D'esser stato
Felice tra noi
Ora dirai: "Chi scrive
E' un po' pazzo!!"
Ma è solo un vecchio
Con il cuore di ragazzo
Ma in fondo a sognare
Che male ti fa???
Se nel tuo cuore C'è felicità???
Ora tu vai, riprendi il tuo "Tu"
E canticchiando ritorna laggiù
Alla tua vita di sempre
Alle tue gioie, ai tuoi guai
Ma quando sei triste
Ricorda di noi
Ricorda che qui c'è un bosco incantato
Che, Elfi, Gnomi, Fatine e Folletti
Hanno sempre abitato.
ciaoooo! Uomo, Sii felice e vivi sereno
La "tua " vita

nonno Franco Matta

 

Sangano-Trana verso Pietraborga

 

Resti di un villaggio celtico Sangano-Trana

La Valsusa 4 maggio 2006

I resti di un antico complesso scoperti in un bosco in località Pratovigero, nel Torinese
Un tesoro celtico a Trana

Trana - Sono molti anni che si susseguono puntualmente nel Nord Italia ritrovamenti di siti preromani. Ma quando questi avvengono in territori particolari, come la sommità di un monte a pochi passi da una metropoli come Torino, il fascino della scoperta aumenta. Così è accaduto che a Trana, piccolo comune alle porte della Val Sangone e distante poche decine di chilometri da Torino, una signora con la passione per la cultura locale scoprisse su un terreno di sua proprietà un piccolo tesoro: in un bosco in località Pratovigero sul Monte Pietraborga M. T. Pasquero ha scoperto i resti di un complesso che testimonia la presenza in loco di stanziamenti celtici o protoceltici. Del resto altri siti analoghi in Val Sangone sono da tempo noti, come i menhir di Pian dei Rossi a Valgioie e le coppelle di Indiritto di Coazze e Reano.
Stefano Barone, architetto giavenese in procinto di pubblicare assieme allo scrittore Ezio Capello un libro proprio su Trana, si è interessato immediatamente al sito e si è adoperato affinché esperti in campo archeologico potessero definire meglio le caratteristiche dei reperti rinvenuti. «Benché l'agglomerato in questione - osserva Stefano Barone - sia piuttosto ampio, non c'è traccia nelle mappe, anche quelle più antiche, di borgate o case sparse. Questo vuol dire che in passato non è mai stato un centro abitato. Allo stesso tempo occorre tenere in considerazione che le testimonianze degli anziani del luogo hanno sempre parlato di questa zona come magica e frequentata dalle "masche". Ecco perché abbiamo pensato di rivolgerci a esperti». Le supposizioni di Barone e della Pasquero non erano infatti sbagliate. Ne sono convinti Filippo Gambari della Sovrintendenza per i beni archeologici del Piemonte e Gianfranco Bongioanni dell’Associazione culturale Terra taurina. «Il sito rinvenuto a Trana sul Monte Pietraborga -spiega Gambari - è molto interessante e ricorda altri rinvenimenti avvenuti sempre nelle valli della provincia di Torino e soprattutto in Val Susa. La presenza di pietre erette in modo non naturale e di numerose coppelle caratterizzano l'area del Monte Pietraborga come luogo di culti precristiani con una frequentazione che potrebbe essere spinta fino al quarto millennio a.C».
«Come sovrintendenza - conclude Gambari - vorremo tutelare luoghi come questi e magari vederli valorizzare, anche se esistono sempre in questo ambito difficoltà normative e soprattutto economiche. Quello di Pietraborga è comunque un sito monumentale molto rivelante anche senza grandi interventi e potrebbe essere spendibile in un circuito turistico che voglia ancorare Torino al suo passato».

FABIO GROSSO
[Data pubblicazione: 11/10/2006]

Sangano-Trana verso Pietraborga

Le vestigia celtiche a Pietraborga

Quasi certamente il lettore non sospetta l'esistenza di un tanto importante sito celtico a pochi chilometri da Torino. Se gli si chiedesse di immaginarne uno, probabilmente la sua immediata risposta sarebbe Stonehenge, "icona" del mondo abitato da rudi, valorosi guerrieri e da druidi avvolti dalle nebbie. Invece, è qui vicino a noi, in un paese di cui ho avuto modo di studiare le bellezze riportandole in un libro scritto insieme a Ezio Capello: "Trana. Frammenti di storia e di vita".
Il sito in questione si trova sul Monte Pietraborga. Sorge sui terreni di Maria Teresa Andruetto Pasquero, non soltanto proprietaria dell'appezzamento ma anche scopritrice del sito stesso. Lei per prima, cultrice di storia locale qual è, ha avuto l'intuizione e il suo meticoloso lavoro di ripulitura da rovi ed erbacce ha portato alla luce un tesoro: alcuni menhir, uno dei quali presentava alla base una grossa pietra piatta, probabilmente adoperata come altare.
Non è solo supposta la natura di quanto è stato rilevato a Pietraborga. Infatti, nella Primavera del 2006 la Sovrintendenza dei beni archeologici del Piemonte, rappresentata dal dottor Filippo Gambari e dal suo collaboratore Gianfranco Bongioanni, ha decretato che l'area in questione è un "Nemetòn", ovvero un luogo sacro dei Celti. Ritengo che sia positivo il caso di un articolo che arricchisca il lettore. Nello specifico, spero che qualche nuovo visitatore possa avventurarsi all'interno dell'antico luogo sacro. D'altro canto, non può che lasciare amareggiati constatare la necessità di dover ancora promuovere simili siti, per altro a mezz'ora appena, nemmeno, di auto da un capoluogo.

Stefano Barone
2006 PIÙ MAGAZINE
settembre-ottobre 2016

 

 

 

Probabile masso erratico posizionato dallo spostamento dei ghiacciai dell'ultima massima glaciazione detta Wurmiana (circa 20000 anni fa)

profilo dello stesso masso erratico

 

Alle Prese e a Pratovigero fumigavano le carbonaie. Il mestiere di carbonaio, anche nei dintorni di Sangano Trana e Piossasco, era praticato già nel cinquecento ai tempi dei Duchi Filiberto I e Carlo I di Savoia, se dobbiamo credere a Luigi Gramegna che in un suo romanzo storico asserisce fosse praticato nel quadrilatero boscoso fra Rivoli, Reano, Rivalta e Grugliasco e menziona i carbonai di Roncaglia e Villarbasse. Gli abitanti delle Prese e Pratovigero, agricoltori, si dedicavano alla produzione di carbone soltanto come attività complementare, sfruttando la loro condizione di unici abitanti della montagna in mezzo a estesi boschi a ceduo che altrimenti non sarebbero stati di molto rendimento e rubavano apazio alle coltivazioni e al pascolo. Vi si dedicavano poi in modo più intensivo gli Spesso e gli Andruetto, affittando i boschi della comunità. Aiutandosi reciprocamente preparavano degli airali (spiass); su di essi innalzavano i “camini” formati da quattro pali alti circa 2 metri, legati insieme; ai lati disponevano due piani di legna a elementi incrociati alti ciascuno 110-120 cm fino alla sommità dei pali, lasciando intorno ai camini uno spazio libero di una ventina di centimetri (ventre della carbonaia). Tutto intorno si disponeva la legna ottenendo una montagnetta conica e con spezzoni più piccoli si rivestiva la superficie esterna (camicia della carbonaia). Che poi veniva coperta con foglie secche, muschio e terra grassa umida trattenuta da tronchi spaccati disposti attorno alla circonferenza. L’accensione e l’alimentazione del fuoco avvenivano dall’alto introducendovi palate di brace e spezzoni di legna; infine si chiudeva la bocca del camino con una “losa” e si praticava uno sfiatatoio alla base della catasta. La combustione dopo nove giorni raggiungeva gli strati più bassi della carbonaia, ponendo fine al ciclo di fabbricazione del carbone. Le “carbonere” erano in funzione da marzo a settembre per rifornire i depositi dei rivenditori che richiedevano carbone di faggio e rovere per riscaldamento domestico e di castagno, molto fumoso, adatto per le forge dei fabbri e acquistato dalle ferrovie per trazione a vapore. Abbiamo trovato una annotazione di vendita compilata da Bernardino Andruetto per una partita ordinata da Stefano Regge Volpe; il 21 agosto 1813 – kg 1300 di carbone di rovere a fogo da rimettere in settembre, pattuito f (franchi o lire) 6,6 per rubbo (8-9 kg) e kg 300 di carbone di castagno a f per rubbo per il primo settembre di mattino.

rubbo = unità di peso

Dal libro:
Storia di Sangano e della sua gente
Giuseppe Massa - Maria Teresa Pasquero Andruetto
Lazzaretti Editore, 1996.

 

1839 - Atto di morte di Spesso Teresa di anni 6 figlia del vivente Michele Spesso di professione carbonaro domiciliato in Sangano sopra i monti

1849 - Atto di morte di Andruetto Bernardino Antonio di anni 1 e mesi 8 figlio del vivente Antonio Andruetto di professione carbonaio domiciliato in Sangano Prese

 

Sangano
le carbonaie alle Prese

 

Larghezza metri 7,50 profondità metri 6,50

 

 

Nella mappa Rabbini 1864 questa zona era segnata come "bosco Castello"
anticamente era proprietà dell'Abazia di Sangano

 

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Maria Teresa Pasquero Andruetto