Piossasco
Il monte San Giorgio
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Sulla vetta
del monte San Giorgio c’è la più antica Cappella rurale
di Piossasco. Accanto alla Cappella esisteva un tempo un Monastero, ora scomparso.
Da scavi fatti, sono state rintracciate le fondamenta. Il Monastero era a
pochi passi dalla Cappella, a destra di chi guarda la facciata. Era di forma
rettangolare. Durante gli scavi sono state scoperte le ossa di due salme,
sepolte la da chissà quanto tempo, nelle adiacenze della Cappella,
ove doveva esserci un piccolo cimitero.
Il monastero era abitato da Monaci Benedettini, i quali avevano trovato lassù
un posto più solitario per vivere meglio la vita monastica. Li aveva
chiamati il grande Marchese Olderico Manfredi, che loro donò la cima
della montagna, perché vi erigessero Monastero e Chiesa. Di costui
ecco che cosa scrive lo storico Carutti (op.cit.): Olderico Manfredi uno dei
più grandi vassalli del regno, a ristorare la coltura dei terreni devastati
(dai Saraceni) e fatti selvaggi, ebbe ricorso agli aiuti che i tempi gli indicavano
e l’esperienza dimostrava efficaci. Chiamò l’Ordine monastico
di San Benedetto, cotanto benemerito dell’agricoltura e delle lettere;
e per esso fondò l’Abbadia d San Giusto in Susa dotandola di
vasti terreni. I Monaci disboscarono la zona che circonda la vetta del monte.
Lassù, dalla parte sud-ovest si vedono tuttora delineati due recinti
rettangolari successivi, degradanti secondo il pendio del monte: probabilmente
erano coltivati a orto e a giardino all’uso claustrale.E più
sotto si allarga una grande estensione de terreno, degradante verso nord:
era il prato che doveva fornire l’erba per mantenere quegli animali
domestici, che erano necessari ai Monaci.
Per l’acqua e probabile che i Monaci si fossero costruita una cisterna,
finora non ancora trovata. Fu invece rintracciato un pozzo, ora perdente e
in parte riempito di pietre. Forse anche i Monaci ricorrevano a una fontana,
vicino al colle del monte e che è detta fontana della serva.
Per altra parte i monaci che abitavano lassù dovevano essere pochi:
dalle fondamenta del Monastero si arguisce che l’edificio non era grande
e quindi non capace di numerosi Monaci.
Cappella di San Giorgio
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E posta sulla vetta del monte San
Giorgio, alto m. 836, il quale si leva quasi a picco a nord di Piossasco e
fa parte di un piccolo contrafforte di montagne prealpine, la cui vetta più
alta e detta “Pietraborga” dalla quale si guarda a Sangano e Trana.
La parte del monte, che guarda Piossasco e quanto mai rocciosa; quindi per
arrivare alla cima bisogna raggirare il monte salendo o per un aspro sentiero
dalla parte dei castelli a ponente del monte o a levante, dalla parte della
cappella di San Valeriano, per la nuova strada rotabile, (ora interdetta alle
auto) costruita per iniziativa del gruppo ex Alpini di Piossasco nel 1962.
Chi arriva lassù in vetta a piedi dopo circa un’ora e mezza ,
può godere di un panorama incantevole. “Il monte San Giorgio
sarebbe così detto da un Oratorio (Cappella) sotto il titolo di questo
Santo”. Dunque sarebbe la Cappella che ha dato il nome al Monte. Se
questo è vero, bisogna dire che la Cappella San Giorgio fu eretta prima
del 1000. Ne abbiamo la prova in un documento, pubblicato da Ferdinando Gabotto
nel Cartario di Pinerolo (al n. 11), dove e detto che Gezone, Vescovo di Torino,
attorno all’anno 999 fondava in Torino il Monastero dei Santi Solutore
Avventore ed Ottavio. A questo Monastero (poi Abazia) il Vescovo faceva delle
donazioni, fra le quali “aliud pratum quod est subtus Eclesia Sancti
Georgij”.
Il cabotto giudica che si tratti di questa Cappella di San Giorgio, perché
nell’indice del Cartario la suddetta “ Eclesiam Sanctij Georgij”
è elencata fra quello che riguarda Piossasco.
In un altro documento del 1018 si parla del monte San Giorgio; in data 16
febbraio 1018 alcune persone “promettono di non turbare il Monastero
di San Solutore nel possesso dei suoi beni di Sangano”, i quali beni
da una parte confinavano col monte “qui dicitur Sanctij Georgij”
(così al n. VI delle Carte varie di Cabotto e Guasco). E’ un
altro argomento per affermare che a quell’epoca la Cappella esisteva
già.
Chi fu ad erigere lassù la Cappella di San Giorgio?
Certamente i Frati Benedettini, i quali vi eressero accanto anche un piccolo
Monastero o Convento. Il terreno sul quale sorsero l’una e l’altro
doveva essere del Marchese Olderico Manfredi, padre della grande Contessa
e Marchesa Adelaide, il quale non solo offrì il terreno, ma provvide
quanto era necessario perché i Frati potessero fabbricare Chiesa e
Convento. Adelaide, quale erede, ne divenne padrona e ne potè disporre
secondo la sua volontà. Difatti nel 1064, essa ne fece donazione all’Abbazia
Benedettina di Santa Maria in Pinerolo (l’attuale Abbadia Alpina) che
essa stessa aveva fondata.
Ecco il documento, nel quale è detto che donava “ecclesiam unam
constructam in monte desuper castro de Plautiascha in honore santi Georgij”
(una chiesa costrutta sul monte che sovrasta il paese di Piossasco, in onore
di San Giorgio). Questa donazione fu confermata in seguito con Bolle pontificie,
prima da Papa Callisto II, in data 28-12-1123, e poi da Papa Innocenzo II
in data 13-5-1139.
La donazione è stata fatta in data 8 settembre 1064, e nello stesso
atto o documento sono elencate tantissime altre donazioni, che la ricchissima
Contessa Adelaide faceva alla medesima Abbazia di Pinerolo.
Lo storico Caffaro (opera cit.), a proposito di questa donazione , scrive:
“…donava la chiesa di San Giorgio sul monte sopra Piossasco con
tre mansi (ossia poderi) due in Piossaco e uno in Rivalta; tre altri mansi
in Piossasco, uno dove è la sala indominicata (palazzo con corte, ossia
giurisdizione sopra i villani, dice il Casalis Diz. Geog.) con una Cappella;
l’altro tenuto e lavorato da Costanzo e Costantino; il terzo da Bosone”.
Nell’atto di donazione del 1064 all’Abbazia di Pinerolo, si legge:
“ecclesiam unam constructam in montem desuper castro de Plausiasca in
honore S. Geoegij simul cum tribus mansis, in eadem villa iacentibus duo bus,
et tertius in Ripalta, tres quoque alios mansos in infrascripta Plausiasca,
unum iubi est solum indominicata cum capella, alium rectum et laboratum per
Constantium…”.
La donazione importava dominio fondiario e giurisdizione signorile sopra la
Chiesa e il Convento di San Giorgio, da parte dell’Abbazia di Pinerolo.
Fra le carte di questa Abbazia, del 1654, in un elenco dove sono nominate
le parrocchie, le chiese che dipendevano ancora dall’Abbazia, e detto
: “All’Abbazia pinerolese spettano tuttora le Cappelle di San
Giorgio sopra Piossasco, colle sue pertinenze; di San Benedetto sopra le Porte
(di Pinerolo) (Caffaro, op. cit.). Il Governo Francese (Repubblica Cisalpina)
con Decreto del 2 agosto 1802 obbligava tutti gli Ordini religiosi a fare
uno stato di consegnamento di tutti i loro averi, diritti e proprietà,
che dovevano essere incamerati. Ebbene nell’atto di consegnamento fatto
all’Abate del Monastero di Pinerolo, fra i beni elencati figura “la
montagna di San Giorgio nel territorio di Piossasco” (Caffaro, op. cit.)
che quindi era ancora di proprietà dell’Abbazia di Pinerolo.
Nella relazione della Visita pastorale, che l’Arcivescovo di Torino
fece a Piossasco nel 1668, si legge che l’Arcivescovo salì fino
alla Cappella di San Giorgio, che trovò in buono stato : l’icona
con la effige del Santo “in muro picta” cioè era dipinta
sul muro davanti all’altare (ora non se ne vede più traccia);
la Cappella era chiusa da cancelli. E detto che lassù si celebrava
la Messa nella festa di San Giorgio, portando tutto il necessario dalla parrocchia
di San Vito. Ma l’Abbazia di Pinerolo continuava a vantare diritti,
come risulta da documenti (conservati nell’archivio parrocchiale) del
1725. E’ scritto in questi documenti, che ogni anno si celebrava lassù
la festa di San Giorgio il 24 aprile e che si saliva da Piossasco “processionalmente
con l’intervento della Confraternita dei Disciplinati e del loro Cappellano,
il quale celebrava la messa e quindi dava la benedizione alla campagna.
E dopo di lui celebrava un Frate Cistercense dell’Abbazia di Pinerolo
senza più benedire la campagna. Ma nei predetti documenti è
narrato che il Frate di Pinerolo, nell’anno 1724 volle anche lui dare
la benedizione alla campagna, non contento di celebrare solo la Messa, come
faceva negli altri anni. Si accese allora una questione tra questa parrocchia
di San Vito e l’Abbazia di Pinerolo. Il Priore e Vicario di San Vito,
che allora era Don Bonafide, perché la Cappella era nel suo territorio,
sosteneva che spettava a lui farne la festa con la celebrazione della Messa
solenne e dopo questa benedire la campagna. L’Abate del Monastero di
Pinerolo sosteneva invece che tutto questo spettava a lui, e pertanto in quell’anno
1724 aveva voluto che il frate mandato da lui celebrasse e benedicesse. La
questione venne portata alla Curia di Torino. Era l’anno 1725. La Curia
era vacante, cioè senza Arcivescovo; quindi le due parti furono chiamate
ad esporre le loro ragioni davanti al Vicario Generale Capitolare Filippo
Domenico Tarino, canonico collegiato della Metropolitana.
La questione sarebbe finita con un compromesso, come è detto nel Documento,
che qui trascriviamo:
1° - “Rispetto alla messa solita a celebrarsi il giorno della festa
di San Giorgio, cadente li 24 aprile, quella si debba celebrare come s’è
praticato sino al presente da uno de’ Monaci di detta Abbazia deputato
dal Padre Priore e questo in continuazione del possesso sin’al presente
conservato da detto Monastero dal di cui Dominio dipende incontrastabilmente
la suddetta Cappella di San Giorgio posta sovra le fini di detto luogo e beni
della medesima adiacenti.
2° - “Rispetto alla benedizione della campagna solita a darsi in
detto giorno con intervento della Confraternita de’ Disciplinati del
Giesù eretta in detto luogo, accompagnata questa da un cappellano o
Vicecurato deputato da’ sig.ri Priori pro tempore; viste rispetto a
detta benedizione le giustificazioni presentate per parte dal predetto Prior
Bonafide, da quali risulta essere il medesimo in possesso per mezzo di un
Vicecurato o Cappellano di benedire doppo celebrata la Santa Messa dal Padre
suddetto la campagna sciente e vidente e non contradicente il madesimo, e
ciò da anni 12 e più in qua per modo di temperamento è
stato proposto senza pregiudicio delle ragioni delle parti tanto del possessorio
che ne meriti o sia giudicio plenario doversi praticare d’ora in avanti
l’alternativa suggerita da sacri Canoni in simili materie, cioè
che tal Benedizione alla campagna si debba dare in un anno da uno di detti
Padri, e nell’altro dal Cappellano o Vicecurato suddetto e così
successivamente assistendo sempre a tal fontione quando si darà da
uno de Padri il Cappellano con stola e cotta, e quando si darà dal
cappellano il monaco predetto pure anche con stola e cotta e questo a maggior
decoro di detta fontione”.
E rispetto all’imminente Festa di San Giorgio si dichiara che si debba
tal fontione fare dal Monaco che verrà deputato per la celebrazione
della S. Messa dal M.R. Padre Priore, e questo come sovra per modo di temperamento
e senza pregiudicio delle ragioni delle parti. Torino li 5 aprile 1726. Carlo
Amedeo Serravalle”.
La suddetta disposizione dell’Autorità Diocesana di Torino fu
messa in pratica, e cessò probabilmente quando i Frati cessarono di
essere nell’Abbazia di Pinerolo. Da allora le funzioni della festa annuale
furono poi sempre celebrate dal Priore e Vicario di San Vito.
Da alcuni anni a questa parte, la festa della Cappella si celebra il 1°
maggio. Gli operai che in tal giorno celebrano la festa del lavoro salgono
volentieri e numerosi col duplice scopo di onorare San Giorgio e di fare una
bella gita.
L’antichità della Cappella di San Giorgio, di cui abbiamo parlato
più sopra, risulta anche dallo stile della sua forma e dal materiale
usato nella sua costruzione, che ricordano un’epoca attorno al 1000.
La sua forma è di stile romanico: aveva davanti alla facciata un portico,
come vien ricordato dai permanenti ruderi dei muri laterali. Il materiale
adoperato nella costruzione contiene frammenti di cotto, che fanno dubitare
che provenissero da una preesistente costruzione romana. Forse lassù,
al tempo dell’impero romano, esisteva un posto di vedetta, di osservazione
e di segnalazione con relativa sede di un accantonamento di guarnigioni militare.
Forse vi fu anche un tempio dedicato a divinità alpine, come avvenne
su altre cime di monti, come per esempio là dove sorse poi la Sacra
di San Michele della Chiusa.
Attraverso i secoli la Cappella fu ritoccata, specialmente nella facciata;
ebbe bisogno di speroni di sostegno dei muri, i restauri vengono ora facilitati
dalla strada rotabile.
Dal libro:
Storia civile e religiosa di Piossasco
Giuseppe Fornelli
Alzani, 1965.
Atto consolare
L’anno del Signore 1826, alli
nove del mese di marzo in Piossasco, e nella Solita Casa, Sala Consulare di
questa Comunità, giudizialmente avanti l’Ill.mo Sig. Avvocato
Carlo Filandia Giudice per Sua Em. Del presente emandamento d’Orbassano.
Convocato, e congregato ad invito dell’infrascritto Signor Sindaco l’ordinario
Consiglio di questa Comunità, in cui, presi li soliti verbali avvisi,
e suono della campana, recati ed eseguito dal cosi quivi referente Gio Domenico
Rossa, uno de servienti Giurati di questo luogo, sono intervenuti li Signori
Cavaliere Vittorio Filippi Sindaco Conte Gaetano Palma di Borgofranco, Filiberto
Martinato, Bernardo Lovera, Battista Bertinetto, e Vito Germena, tutti membri
componenti più delle due terze parti di detto ordinario Consiglio,
mancando al compimento d’esso, sebbene avvisati, li Signori Gio Bogliero
vice Sindaco, e Domenico Brero Consigliere, perché ambi impediti dai
loro affari domestici.
Dall’infrascritto Sig. Sindaco presentati l’istruzione e calcolo
di spesa formati dall’Ill.mo Signor Consigliere Carlo Gaetano Palma
in dispensa della deliberazione presa da questo Consiglio in suo ordinato
del cinque corrente pel piantamento d’accaccie
(acacie) sui monti di questo luogo; dal quale risulta, che sarebbe più
conveniente per un tale oggetto il prendere in affitto un sito, e farne un
semenzaio per trappiantare i prodotti sulla facciata
della montagna detta di San Giorgio.
Superiormente alla vigna dell’Illustrissima Signora Contessa Dallachiesa,
ed in tutta la facciata contigua guardante al mezzogiorno; e che una tale
spesa può ascendere a lire duecento settanta; e si accettano li Signori
Congregati a deliberare in proposito.
I detti Signori Congregati, memori della loro succitata deliberazione del
cinque corrente, e vista li detti istruzione e calcolo del Signor Conte Palma,
tutti unanimi, e concordi deliberano doversi prendere al piantamento di dette
accacie ad economia nel modo progettato in detta instruzione, con coprirne
la spesa col fondo imposto nel catasto di questa Comunità col corrente
anno al (non comprensibile) il tutto mediante l’approvazione
dell’Ill.mo Signor Attendente Generale di questa Divisione, a lui mandano
ad un tal’effetto, affermare previa pubblicazione, copia del presente.
A precedente lettura in conferma si sono sottoscritti
Sottoscritti da me in originale Filippi Sindaco Gaetano Palma di Borgofranco,
Filiberto Martinato, Bernardo Lovera, Battista Betinetto, Vito Germena, Filandia
Giudice e manualmente Gioanni Almasio Segretario.
Relazione di pubblicazione
L’anno del Signore 1826, alli
tredici del mese di marzo in Piossasco, a me infrascritto Segretario di questa
Comunità riferisca il serviente giurato della medesima Gio Pietro Batta
d’aver egli nel giorno di ieri sulla piazza pubblica, ed avanti l’albo
pretorio questo luogo, ad alta ed intelligibile voce di grida, previo suono
di tamburo letto e pubblicato l’avanti scritto ordinato di questa Comunità
del nove corrente, riguardante il piantamento d’accacia sui monti di
questo luogo, ed il medesimo avere affisso ed affisso lasciato a detto albo
pretorio pel tempo e modi soliti alla presenza della folla del popolo accorsovi
come giorno festivo, e specialmente delli Francesco Grosso, e Gaspare Siino
testimoni appositi in fede Gioanni Almasio.
Certifico io sottoscritto che sino a tutt’oggi niuno è comparso
in fare opposizioni, ne osservazioni alla deliberazione Consulare avanti trascritta
in fede Piossasco il 15 marzo 1826
Giovanni Almasio Segretario
Archivio Comune Piossasco
ff. 42 copie dei deliberamenti e registri dei deliberamenti
Gite sul monte San Giorgio fotografate da
Henri Peyrot 1866-1940
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La Croce ai Castelli anno 1906
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anno 1906
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28 febbraio 1911
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Nello sfondo i Castelli - 28 febbraio 1911
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La Cappella di San Giorgio - 28 febbraio 1911
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La Cappella di San Giorgio - 28 febbraio 1911
Archivio Fotografico Valdese
Il monte San Giorgio
dai giornali
Scavi archeologici sul San Giorgio
Fervono in questi giorni d'estate gli
scavi archeologici in vetta al Monte San Giorgio. Sono al lavoro, in collaborazione
con vari assessorati comunali (Urbanistica, Cultura e Tempo libero) studenti
dell'Istituto di Storia Medioevale dell'Università di Torino, aiutati
anche a livello organizzativo da archeologi stranieri accorsi da Inghilterra,
Francia e Turchia. Si cerca di portare alla luce le tracce del Monastero benedettino
attiguo alla chiesa romanica di San Giorgio, risalente al X secolo. La campagna
di scavi è organizzata dal Comune di Piossasco e dall'Istituto di Storia
Medioevale e sta interessando molti degli stessi piossaschesi che, in modo
particolare i giovani trascorrono le loro giornate in cima a San Giorgio assieme
agli studenti ed agli archeologi. Sul restauro della chiesa romanica di San
Giorgio è stata aperta presso il Centro di Incontro comunale di «Villa
Alfano» una ampia mostra fotografica che ha lo scopo di far conoscere
alla popolazione le varie fasi del lavoro dei gruppi di volontari (alpini
Avis, artigiani giovani) che da maggio a novembre dello scorso anno hanno
portato a termine la prima parte del restauro della chiesa, un monumento dei
più antichi della zona e meta di lunghe passeggiate.
Quanto prima, a cura della Sovraintendenza, alle gallerie saranno restaurati
gli affreschi all’interno della chiesa nel catino absidale: l’importanza
dei dipinti è tale che la Sovraintendenza si è assunta totalmente
il carico finanziario del restauro.
La Chiesa di San Giorgio (e l’attiguo ex convento Benedettino) e posta
su una altura a quota 857 metri. Del Monastero si vedono ancora i resti e
le fondazioni, pur non essendosi rintracciata ancora al riguardo della costruzione
una documentazione precisa.
Gli scavi, compiuti anche in epoca precedente, (si pensa pure che anni addietro
ignoti “tombaroli” abbiano asportato vasellame prezioso) hanno
finora portato alla luce, i resti di monaci Benedettini e, proprio in questi
giorni di un bambino.
Il ritrovamento fa ritenere che il monastero non fosse abitato dai soli monaci,
ma risiedesse sul Monte San Giorgio una vera e propria comunità
Dall’archivio storico Stampa Sera 21 luglio 1979
10 aprile 1927
La festa degli alberi
sul Monte S. Giorgio
Una caratteristica festa è
stata organizzata dall’UGET per domenica prossima. Con il più
vivo interessamento del comn. Fossa, capo dell'Ispettorato Forestale di Torino.
Sarà compiuto il rimboschimento delle pendici del Monte San Giorgio
da parte di un gruppo di escursionisti. Il programma e questo: Ritrovo: Via
Sacchi angolo. Corso Duca di Genova (Tranvia Pinerolo) ore 6: partenza ore
6.20 arrivo a Piossasco ore 7.40. partenza Cappella S Valeriano ore 8.30 colazione:
ore 9.30 partenza per Monte San Giorgio; in vetta ore 11: distribuzione pianticelle;
piantagione e inaugurazione del nuovo rimboschimento al Monte San Giorgio
ore 12.30 partenza per i Rocàs (m 824), alle Prese di Piossasco ore
13.30; pranzo al sacco. Salita facoltativa alla Montagnazza (m. 720). ritorno:
ore 16 pel Colletto della Montagnazza (m.720) discesa al Castello di Piossasco,
indi a Piossasco ore 17.30; partenza in tranvia pel ritorno a Torino ore 19.
A Torino ore 20.20
Assisteranno alla cerimonia funzionari dell'Ispettorato Forestale. Le iscrizioni
si ricevono alla sede dell’UGET. Verranno formati dei gruppi di 10 persone.
In modo di agevolare e coordinare la piantagione nell'area ad essi assegnata.
Ogni partecipante dovrà essere munito della piccozza per scavare le
fossette della piantagione.
Dall’archivio storico La Stampa 7 aprile 1927
Festa degli alberi sul Monte S. Giorgio
Le falde del Monte San Giorgio che per ora si eleva quanto mai spellato e con l'ampia fronte aggrondata e costellata di buche rocciose, fra quaranta anni offrirà agli abitanti di Piossasco il refrigerio di meravigliose passeggiate sotto la pineta. I merendaioli torinesi, avranno sempre fra quaranta anni, quasi alle porte della città, un magnifico ristorante dalle pareti e dal tetto di verdura, gli esploratori una foresta vergine, i sentimentali un nido colmo d'ombra per addormentarvi i loro sogni e quello che più conta i veri innamorati della montagna una consolazione di più, per i piossaschesi una nuova ricchezza, l'industria del legname, un'altra miniera e poi, per finire, l'aria avrà un buon profumo di resina. Noi che scriviamo, non godremo più (però... chissà?) delle future meraviglie del Monte San Giorgio: le abbiamo però modestamenite seminate. O per lo meno, assistito alla loro... semina che in fondo è poi la sfessa cosa. Non ce ne vantiamo. Eravamo in trecento, eravamo belli, eravamo forti e, naturalmente, non siamo morti. , Ci son delle cose e delle opere magnifiche che si compiono in silenzio, quasi all'insaputa di tutti. Quando poi si vengono a risapere sono degli oh! e degli ah! di meraviglia. Scommettiamo che vi siano ben pochi a sapere per esempio, che, da qualche anno in qua il problema del rimboschimento è stato affrontato in pieno dal nostro Governo e che all'opera del Governo concorre generosamente, entusiasticamente la nostra più bella e più sana e più gagliarda gioventù piemontese. La gioventù che lavora nelle officine, che studia sul banchi delle scuole, che lavora negli uffici, che spiega la sua attività in tutti i rami dell'umana operosità. La gioventù migliore insomma. Quasi ogni settimana una schiera imponente di questi giovani partono dalla città alla domenica e dedicano il loro riposo festivo ad un'alta missione: quella del rimboschimento delle nostre belle e povere montagne colpite più crudelmente dall'avidità degli uomini e dall'inesorabile opera di distruzione del tempo. C'è una montagna brulla alla quale occorre ridare il suo ricco mantello di alberi. Ebbene la carovana “di soccorso” si compone e parte. Ai piedi dell'erta da salire la Milizia forestale ha preparato dei magnifici vivai che forniranno gli alberelli da piantare. In poche ore di lavoro, invece di mesi e mesi di impiego di una mano d'opera necessariamente lenta e perciò costosissima, questi giovani benemeriti, sotto l'esperta guida di ufficiali forestali, là dove prima non c'era che qualche sterpo e qualche melanconico verdeggiamento di sterili licheni, ecco sorgere i filari degli alberelli piantati che, di gradino in gradino salgono fino alla vetta della derelitta montagna. Al mattino la terra che a mala pena tratteneva qualche sasso pronto a franare, la sera è tutta pervasa dai primi brividi di una nuova vitalità; le prime radici nel silenzio della notte magnificamente “nuziale” tentano i primi e timidi serpeggiamenti e le prime “succhiate” di linfa. Il miracolo si è compiuto in poche ore. Tra quarant’anni, dunque, Monte San Giorgio, sgropperà giù, dall'alto della sua fronte rocciosa, una bella mareggiata di verdura. Larici e pini, raccogliendo la canzone del vento, la cambieranno in un bell'inno alla grande e prodiga madre natura. E' il caso di dire: chi vivrà, vedrà. Perche un pino non vien su come un fungo. E naturale. E, d'altronde, spuntasse con una simile velocità, gli uomini rapaci lo metterebbero immediatamente sott'aceto e chi s'è visto, s'è visto. Ieri, sette società alpine, o sorelle nel nome e nel simbolo della “Federazione alpinistica escursionista piemontese” invitate che, avuta la bella iniziativa, sono partite alla volta del Monte San Giorgio per compiere la missione e, non è una esagerazione, in men che non si dica, i trecento gitanti hanno piantato circa tremila pianticelle. La balda schiera era guidata dal vice presidente della Uget dottor Zucchetti, console della Milizia e dal signor Massocco, segretario della Falp. Era però necessario per il rito, l'assistenza di due esperti e come tali sono intervenuti il dottor Sala, della Milizia Forestale e il dottor Ferraris, centurione. Poco lontano da Piossasco, su un terreno quasi pianeggiante, i due esperti, anzi i due padroni spirituali della futura foresta hanno presentato ai “piantatori” il loro imponente vivaio, che accoglie più di trecento mila pianticelle di conifere: larici, larici del Giappone, pini neri e pini-larici. i neonati, sono neonati gli alberi che hanno qualche annetto di vita, godono una perfettissima salute. Non sono rosei ne paffuti che questi non sono i loro caratteri sintomatici, ma verdi e snelli e mingherlini che è un piacere a vedersi. Dalle loro culle, alcuni uomini, avevano dolcemente sollevate tremila pianticelle le quali sono state distribuite agli alpinisti. Acciuffati i “neonati” per le chiome (gli alberi nascono già con i... “capelli”) i benemeriti si sono portati sulle falde del monte e in breve tempo la foresta ha messo le sue basi, anzi, le sue... basette. Si, perchè naturalmente essa è ancora piccina e non tale da offrire ancora le invocate ombre deliziose. Compiuta la cerimonia che chiameremo di primo “allattamento”, signore, signorine, giovanotti, adulti e vecchi si sono arrampicati coraggiosamente fino in vetta al monte San Giorgio, e lassù il dottor Sala ha tenuta una dotta e interessantissima conferenza e il console dottor Zucchetti ha detto alcune vibrate parole di ringraziamento agli intervenuti e di altissimo elogio per l'opera che il Governo ha iniziato. L'arrampicamento sulla cima noi; personalmente, non l'abbiamo a tutta prima trovato indispensabile. C'è stato però spiegato che soltanto lassù si sarebbe trovata l'acqua per la colazione. E difatti, nel pomeriggio uno di quei temporaloni che sarebbero i “concerti in tono maggiore della montagna” ha allietato il ritorno dei trecento gitanti. Sotto però, ai piedi del San Giorgio, le pianticelle hanno cominciato a bere: salute e prosperità.
Dall’archivio storico La Stampa 11 aprile 1927
18 maggio 1894
Giù da un burrone
Una grave disgrazia
è avvenuta l’altro giorno (18-5-1894): certo Paviolo Eugenio
di Michele, d’anni 12, essendo al pascolo delle vacche, salì
in compagnia d’altri suoi amici, alla cima del monte San Giorgio
in cerca di erbe di montagna.
Il poveretto essendo quasi alla punta, precipitò dall’altezza
di 25 metri producendosi tre ferite mortali alla testa. Alle grida dei suoi
compagni accorsero sul monte con lenzuola il signor Cattanea Domenico, panettiere,
ed il signor Davide Michele, contadino, e portarono il Paviolo a casa sua.
Malgrado le cure prestategli dal Dott. Cesano Luigi il povero Eugenio nella
notte stessa, alle ore 2 del sabato (19-5-1894), cessava di vivere.
Che strazio pei suoi genitori! L’accompagnamento funebre ebbe luogo
oggi, 20, alle ore 8.
Dall’archivio storico La Stampa 21 maggio 1894
Eugenio Paviolo nato il 13 febbraio 1882 alle ore una di mattina
figlio di Michele fu Vito e della Andruetto Maria fu Giovanni tutti di Piossasco
20 marzo 1898
Unione Escursionisti
La prima gita dell’ Unione Escursionisti
di Torino avrà luogo il 20 marzo e si farà a monte San Giorgio
e monte Montagnazza.
Partenza alle 6.30, ritorno a Torino alle 20.20. Marcia effettiva ore 5.30.
Spesa £. 4.75.
Per le iscrizioni rivolgersi alla sede dell’Unione (Via Maria Vittoria,
19) fino alla sera di sabato 19 corrente.
Dall’archivio storico La Stampa 17 marzo 1898
Maria Teresa Pasquero Andruetto