Piossasco

Dott. Silvio Silvani
Dott. Francesco Alfano
Dizionario geografico Goffredo Casalis

 

A caro ricordo
Dott. Silvio Silvani

Dott. Silvio Silvani

In nessun caso come in quello del Dott. SILVIO SILVANI è giustificato il celeberrimo motto: lo stile è l'uomo.
Di rara cultura, armato di soda dottrina, chirurgo abilissimo e medico di rinomanza chiarissima gode d'una fama consacratasi in 22 anni di esercizio nella condotta dei Comuni di Piossasco e di Bruino. La professione medica, che egli sempre ha concepito come una missione sociale, come una lotta ed una crociata per portare il raggio di una speranza ed il conforto della scienza fra le piaghe che affliggono l'umanità, esercitata con passione e ardore di neofita gli ha creato una atmosfera vivissima di simpatie e di riconoscimenti e quando col suo incedere affrettato, meditativo, col chiaro sorriso degli occhi vivacissimi, mobili, scrutatori e vivamente saettanti, sotto la luce fredda delle lenti, egli passa per le vie dei paesi o tra i viottoli delle campagne, ovunque lo saluta lo stesso sentimento di deferenza, di ammirazione, quasi di feticismo. Si è che la sua opera di medico e di igienista fu invero gigantesca e nel decorso lento degl'anni migliaia di esseri hanno avuto il conforto della sua scienza, il paterno e suggestivo suggerimento del suo consiglio, l'assiduità delle sue cure che indicano in lui l'uomo al corrente del progresso, lo studioso insonne che segue nella sua evoluzione il cammino rapido e sicuro dell'arte medica.
Torinesissimo, nacque infatti nella magnifica capitale del Piemonte il 21 ottobre 1880, il dott. Silvani seguì gli studi classici, guadagnandosi colla sua brillante condotta una borsa di studio nel R. Collegio Carlo Alberto per gli studenti delle Antiche Provincie. Il felice preludio non doveva andare smentito poiché, nel 1905, chiudeva egregiamente i corsi universitari, seguiti presso l'Ateneo torinese, laureandosi a pieni voti in medicina e chirurgia.
Nello stesso anno fu allievo capo interno nel Reparto chirurgico dell'Ospedale San Giovanni diretto dal compianto prof. Valentino Oliva.
Alla scuola sapientissima dell'illustre scienziato, il dott. Silvani ebbe modo di formarsi una vastissima esperienza che doveva integrarsi più tardi nel libero esercizio della professione, appassionandosi vieppiù per tutti gli ardui casi che l'esercizio presenta col caleidoscopio delle infermità che sono il triste retaggio degli esseri civili.
Non pago tuttavia dell'esperienza, della perizia acquisite e degli studi compiuti volle ancora aggiungere maggiori cognizioni al già vasto corredo delle nozioni formanti parte integrante del suo sapere professionale e completò gli studi di perfezionamento nell'Istituto Superiore di Firenze.
Medico condotto di Piossasco e di Bruino dal 1909, non è il caso di menzionare le sue benemerenze grandissime nonché l'opera sua in favore dei sofferenti e della profilassi sociale, poiché instancabile ed indefesso egli prosegue lo scopo della sua vita, che si compendia nello sforzo scientifico di creare nella massa una coscienza igienica più conforme alle esigenze del vivere moderno, stampando un'orma difficilmente cancellabile.
Direttore dell'Ospedale di San Giacomo in Piossasco, magnifica realizzazione ch'egli ha rinnovata e migliorata in ogni parte ed in tutti i servizi, il dott. Silvani, pur preso nell'ingranaggio di una intensissima attività professionale, seguì il corso degli avvenimenti ed allorché la voce della riscossa chiamò le falangi degli uomini di retto sentire fu uno dei primi ad accorrere e chiudersi nei ranghi, allora sparuti, della Rivoluzione.
Inscritto al Fascio locale, sin dalla fondazione, è uno strenuo assertore delle necessità demografiche ed in tale senso svolse e svolge proficua e benefica assistenza come Presidente del Patronato locale Comunale dell'Opera Nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia.
Premiato nella famiglia, da cui è uscito vigoroso germoglio, il figlio ventenne Antonio Gustavo iscritto al 4° corso di Medicina ed al corso allievi ufficiali della Coorte Principe di Piemonte, che nella abnegazione e nell'applicazione insonne allo studio concretizza le più audaci speranze paterne, il dott. Silvani non arresta il suo fervore operante ed oggi come ieri dona tutto se stesso per difendere l'umanità dagli attacchi e dalla insidia del male.

Dal libro:
Gente di nostra stirpe
Volume II
Franco Grappini
G. Alzani
Anno 1932

Il Dottor Silvio Silvani

Il Dott. Silvio Silvani

La moglie Edda

La moglie Edda Ferri

La moglie Edda Ferri

La moglie Edda Ferri

La bambinaia di Gustavo

La bambinaia Caro Cristina con Gustavo

Gustavo con il cavallino con le ruote

Gustavo con il cavallino con le ruote

Gustavo con il cavallo a dondolo

Gustavo con il cavallo a dondolo

Gustavo in bicicletta

Gustavo in bicicletta

Il Dott. Silvani con il figlio Gustavo

Il Dott. Silvani con il figlio Gustavo

Il Dott. Silvio Silvani

Il Dott. Silvio Silvani

La casa del Dott. Silvani acquistata da Turin-Boër Alberto nel 1923

La casa del Dott. Silvio Silvani acquistata da Turin-Boër Alberto il 22 febbraio 1923

relazione in merito al Consorzio Medico

Relazione

In merito al progetto di scioglimento del Consorzio Medico Piossasco-Bruino mi permetto esporre quanto segue:
Da 23 anni Medico-Condotto del suddetto Consorzio ho sempre disimpegnato con scrupolo e coscienza il mio compito senza mai aver dato luogo a lagnanze da parte delle rispettive popolazioni sia per negligenza sia per imperizia. Se bastasse una prova potrei ricordare che nel 1920, desiderando il Comune di Piossasco – in seguito alla soppressione di una delle due condotte di Piossasco stesso liberarsi dal consorzio medico di Bruino (pensando giustamente che un medico solo sarebbe stato sovraccarico di lavoro dovendo disimpegnare tutto il servizio di Piossasco (3900 abitanti) e quello di Bruino (700 abitanti)), il Comune di Bruino vi si oppose tanto energicamente ed insistentemente da provocare un provvedimento da parte della Prefettura, la quale nell’ottobre 1920 inviò un Consigliere di Prefettura, l’avv. Pelissone, a presiedere un’adunanza della rappresentanza Consorziale col preciso incarico di persuadere il Comune di Piossasco a desistere dall’invocato scioglimento. Non dunque ragioni di disservizio possono spiegare il motivo del provvedimento che oggi l’Ill.mo Podestà di Bruino chiede.
Quando con R.D. 1° marzo 1928 al Comune di Bruino fu aggregato l’ex Comune di Sangano (che pel servizio medico era sempre stato consorziato con la vicina Trana ) il Presidente della rappresentanza Consorziale mi chiese a quali condizioni io avrei disimpegnato il servizio anche nell’ex Comune di Sangano. Risposi – che per quanto la mia condotta consorziale fosse già abbastanza estesa – avrei ben volentieri disimpegnato il nuovo servizio gratuitamente malgrado l’Ill.mo Sig. Podestà di Bruino impose delle condizioni per la continuazione del Consorzio, pretese cioè che io fissassi un’ora al giorno per Bruino e un’ora per Sangano. (Per incidenza faccio notare che, per disposizioni del mio Capitolato in data 1° maggio 1909, riconfermato nell’ottobre 1920 in seguito all’adozione dei nuovi Capitolati emanati dalla Giunta Provinc. Amministr. Il 18 marzo 1920, io ero tenuto a recarmi a Bruino 3 volte la settimana, nonostante io – quando se ne presentava il bisogno – mi recavo a Bruino tutti i giorni e sovente due volte al giorno, perché stà alla coscienza del medico ed al suo preciso senso di responsabilità e di carità umana, vagliare i casi che richiedono cure da farsi a giorni alterni e quelli che richiedono un’assistenza giornaliera). Ritornando dunque alla richiesta del Podestà di Bruino, io onestamente dovetti rispondere che non avrei potuto fissare un’ora per Bruino e per Sangano, perché in un servizio di condotta così vasto non è possibile stabilire un orario essendo troppo frequenti le chiamate impreviste. Io mi posso ripromettere di esplicare tutta la mia attività e la mia buona volontà nel disimpegno del servizio nei Comuni affidatami, ma non posso esser legato ad un orario già fissato che – una volta accettato – dovrei esattamente mantenere e rispettare. Che cosa si direbbe se io per i cosidetti casi eccezionali, che nella vita del medico di condotta diventano la regola, mancassi sovente all’ora fissata per Bruino o per Sangano?
Io ho motivo di credere che ne nascerebbero lagnanze e disappunti da parte di chi non comprende o non vuole comprendere la vita agitata e faticosa e piena di casi imprevisti di un medico che è adibito alla cura di 5000 abitanti (3900 Piossaco, 700 Bruino e 400 di Sangano).
E dal momento che siamo in tema di ore fisse mi si permetta osservare che mi sembra inutile e dannoso stabilire un’ora fissa anche per l’ex Comune di Sangano (che ora va considerato come una frazione del Comune di Bruino), giacchè alla stessa tregua dovrebbero pretendere un’ora fissa certe frazioni di Piossasco che contano all’incirca lo stesso numero di abitanti e che sono molto più lontane e che hanno strade malagevoli.
Queste mie considerazioni furono a suo tempo riferite al Podestà di Bruino sia dal Podestà di Piossasco nel maggio 1930 sia dal Commissario Prefettizio Bianchini nel giugno 1931. Con tutto ciò il Podestà di Bruino, persistendo nelle sue richieste, con deliberazione 17 dicembre 1931 addivenne allo scioglimento del Consorzio ed alla proposta di formazione di un nuovo Consorzio comprendente i Comuni di Villarbasse e Bruino. Non stà a me il dissentire sulla convenienza di un simile Consorzio; se Bruino – secondo il Podestà di Bruino - è mal servito perché unito a Piossasco, non so in qual modo potrà esser servito quando avrà il proprio medico residente a Villarbasse, quando cioè chi avrà bisogno del medico, specialmente nei casi di urgenza o di bisogno del medico, specialmente nei casi di urgenza o di notte, dovrà percorrere diversi chilometri per una strada non certo paragonabile a quella che unisce Bruino co Piossasco e dovrà poi percorrerne altri tre per recarsi alla farmacia di Piossasco.
Io mi sono permesso di esporre queste mie osservazioni non già pel desiderio di continuare nel disimpegno del servizio di Bruino (che anzi io mi troverei molto più a mio agio nella sola condotta di Piossasco), ma perché – di fronte al provvedimento di sciolglimento del Consorzio – io verrei a perdere anche la condotta di Piossasco, ciò che costituirebbe un danno non lieve per me che, dopo 23 anni di condotta, non avrei alcun diritto a pensione.

 

Lettere al figlio Gustavo

8 maggio 1945

Gustavino nostro
Ieri finalmente rivedemmo i tuoi caratteri e non so dirti quale emozione abbiamo provato! La tua mamma e il tuo papà erano pazzi di gioia dopo anni di disperazione. Ieri ti ho scritto subito due cartoline ed oggi riprendendo la dolce consuetudine di un tempo sento di scriverti una lettera, dico sento perchè è tale l’impressione provata che mi pare di vivere fuori della realtà e della vita e sono ancora tutta sconvolta. Papà da ieri pare gli sia stato tolto il grave peso che lo rendeva tanto triste e tanto inquieto e fa il suo lavoro con più rendita.
Il pensiero di quello che avrai sofferto, per noi che avremmo voluto togliere dalla tua vita tutte le spine, ci amareggia però questa gioia quando mai quando potremmo rivederti? Abbiamo ricevuto vari messaggi tuoi diretti ed indiretti e tanti tanti te ne abbiamo mandati pensando tutte le vie ma siamo certi che non sono giunti perché altri che sono ritornati per una breve licenza non avevano ricevuto nulla dai suoi che pure avevano spedito.
Papà ed io stiamo bene e tutto e andato bene un vero miracolosa protetto Piossasco dalla furia dei vandali, oggi scrivo a Torino per far ripulire e riordinare il tuo alloggio e appena potremo manderemo giù la mobilia.
Certo che se non avessimo tolto nulla di la sarebbe stato meglio ma nessuno prevedeva l’incolumità di tutto casa mobilia ecc. La Consolata ha protetto tutto. Ieri mattina uscivo proprio dalla Cappella dove avevamo fatto celebrare la messa in ringraziamento perché il ponte prossimo a casa nostra non era saltato che in piccolissima parte risparmiando così la casa che sarebbe stata travolta con esso data la potenzialità dell’esplosivo che vi avevano messo e che e stato poi tolto quando ho avuta la tua cartolina. Noi bene e tutto bene, ti ripeto. A Piossasco tranne una bomba caduta da un apparecchio in paese al ponte di Borgiattino che ha ucciso una donna r ferito altre persone non è successo nulla sembra proprio che una protezione superiore ci abbia difeso.
Quante cose vorremmo sapere di te che tanto avrai patito e sofferto! Vera è felice per le notizie che le dai dei suoi, sta bene e ti saluta. Cristina che ha vissuto con noi le tremende ore di questo lungo martirio e contenta ora e sta bene , tutti ti vogliamo bene, ti abbraccio forte forte e ti bacio con tutta l’anima mammina e papà.
Ciao Gustavino

15 maggio

Gustavino nostro caro
Non posso dirti cosa abbiamo provato ieri sera quando il Maresciallo ci ha portato le tue lettere e le tue onorificenze.
Non abbiamo dormito tutta la notte ed ho dovuto aspettare a scriverti questa sera perché era tanta l’agitazione che avevo in me che non riuscivo a tenere la penna in mano. Quanto hai sofferto Gustavino caro ! E quanto quanto abbiamo sofferto noi per te e per noi. Sei stato malato e noi non abbiamo potuto aiutarti in nulla. Quanto onore ti sei fatto! quelle motivazioni sono bellissime e papà le legge e le rilegge continuamente, ieri notte io ho letto tutti i giornali ed i ritagli dove si parlava, e orribile tutto quello che avete passato!
La Consolata che ho tanto pregato ti ha difeso e ti ha protetto. Il 6 maggio avevamo ricevuto la tua cartolina che qualcuno ha spedito da Torino. Rivedere i tuoi caratteri dopo tanto tempo di disperazione, ti scrissi subito due cartoline una di qua ed una da Bruino perché mi dissero che partiva e poi ogni giorno una lettera ma credo che la posta non funzioni ancora. Abbiamo affidato due lettere a persone che venivano a Roma chi sa se le avrai già ricevute. Abbiamo sentito che hai ricevuti due soli nostri messaggi mentre te ne abbiamo mandati tanti tanti e da tutte le parti e per mezzi diversi. Noi pure passato quel periodo di lunghi mesi di silenzio in cui non vivevamo più abbiamo incominciato a vedere delle schiarite: tu hai cercato di tutto per farci sentire la tua parola d’affetto e di ricordo e questa parola ci giungeva ora da una parte ed ora dall’altra: da Messina, da Bari, da Roma per mezzo della Croce Rossa Internazionale e per mezzo del Vaticano al quale più di tutto dobbiamo gratitudine per la sollecitudine con cui tali messaggi ci giungevano. L’ultimo tuo messaggio Radio del Vaticano dato il giorno 13 febbraio ci giunse il 10 marzo e un giovane di Giaveno del Seminario venne un’ora dopo che fu trasmesso a portarcelo a Piossasco, anche noi avevamo cercato di tutto per rintracciarti: inserzioni su vari giornali ed anche sul Corriere della Sera fatte a mezzo del dott. Germano Villa che tanto ci ha aiutati, Germano si è sposato poco tempo fa avevano ricevuto un biglietto tuo consegnato ad un signore di Como e che portava la data del 16 settembre 45 e che il Valvassori marito di Adele era andato a prendere sia la una cartolina di un Maresciallo che era stato con te sino al 24 settembre, e poi il messaggio da Messina e tutti gli altri. Tu sei stato il solo che hai cercato di tutto per farti sentire dicevano tutti, ma i mesi della paura, dei dubbi della disperazione, giungevano notizie contraddittorie ma tutte spaventose anche Vincenzo Olivero scriveva dalla Germania di nulla sapere. Ci eravamo messi in relazione con tutte le famiglie degli ufficiali che erano con te o vicini, anche la Croce Rossa ci aveva dati tanti nominativi, ma sempre buio assoluto.
Quando ritornarono quelli della Germania sentii da parecchi ma nessuno sapeva o le notizie erano tragiche, un Tenente Colonnello dalla Germania aveva scritto a sua sorella qui sfollata con la madre il Colon. Gonella che tu eri restato con Ravnich ma non sapendo nulla, noi credemmo che egli avesse usato un nome Iugoslavo per indicare che forse tu eri restato nel Montenegro, e poi i messaggi di Bari ci avevano fatto credere che foste laggiù. Le notizie erano tutte contraddittorie, una cameriera di una signora era venuta a dirmi, ritornata da una visita a casa, che uno fuggito di la, aveva detto che tu eri con Tito. Non sapevamo a chi credere e non ci stancavamo di fare ricerche in ogni luogo e da ogni persona che ci pareva dovesse sapere perché per altri avevano saputo le notizie della Radio erano spaventose e l’inferno era nei cuori nostri, lo zio Aldo ci ha mandato un messaggio con notizie tue e quella di radio Vaticano del 13 febbraio cominciarono a darci un po’ di forza. Non ho detto che le prime notizie che ci aprirono il cuore ad un po’ di speranza furono quelle di Piatti tutti si interessavano di farci sapere o di uno o dell’altro per poter scrivere.
Ma la tua cartolina del 1° maggio ci fece impazzire dalla gioia, finalmente un tuo scritto e poi cominciarono a ritornare i soldati, Dolando, Piovano ecc. ed ora ti aspettiamo con tanta ansia ma tanto sereni! Come ti ho detto stiamo bene ed anche papà ora avendo l’animo più sollevato, è ritornato sereno. Vogliamo che ci ritrovi come ci avevi lasciato e come ci avevi scritto in quel tuo biglietto del 16 settembre che avevi consegnato a quel signore di Como, per noi è stato un comandamento e se anche prima il dolore ci aveva scossi e sconvolti è bastata la gioia di ora per ridarci tutta la forza e la speranza, anche qua sono accadute tante cose ma tutto ha avuto un lieto fine, Piossasco è stato risparmiato mentre i paesi vicini hanno sofferto come Cumiana, Giaveno. Anche qua abbiamo avuto ospiti i Tedeschi che sono stati nelle Ville Boneschi, Giordani, Layolo e facendo sloggiare i Signori , essi avevano minato i tre ponti e noi che temevamo le conseguenze dello scoppio avevamo portato i mobili migliori dai Sig.ri Giordani. I Tedeschi ce li hanno presi o meglio adoperati, restituendoli però intatti. C’è stato un momento in cui abbiamo avuto il dubbio che li bruciassero e questo prima di partire quando incominciava per loro la catastrofe tutti temevamo e noi con loro, che essendo noi vicini alla strada non ce la saremmo cavata bene, ed invece per grazia sempre della Consolata, da noi non sono venuti mai neppure quella sera della ritirata quando in lunga scorta di colonne passavano per le strade per andarsi ad arrendere. Quello del nostro ponte è stato un vero miracolo se non ha prodotto uno sfacelo della casa. Nella mattinata un tizio che passava per la strada aveva detto che mettevano la polvere al ponte del Chisola: io ho fatto avvisare uno del Comitato di Liberazione il quale ha chiamato a raccolta gente e fatto con chiudere le buche. Nella sera vengono i camion e caricano il ponte con una dose straordinaria di tritolo (?) arrabbiati per aver trovato le buche chiuse, lavoro che credevano fatto dai partigiani, dato che io ritengo il fatto un vero miracolo ti descrivo come essi avevano disposto il filo elettrico che incendiava l’esplosivo.

Data la corrente al filo A che faceva esplodere la gelatina una pietra rompeva il filo B isolando così completamente tutto il filo che era dalla nostra parte e così la casa nostra e quella dei Cruto furono salve, proprio mentre si sentiva il lavoro di quei … papà ed io eravamo con i sig. Cruto in una stalla dei Girò ed io dicevo alla sig. Cruto: la Consolata dovrebbe non far partire le mine e così fece. I due ponti quello vicino a Paviolo e quello vicino alla casa di Cristina sono partiti tutti e due e già sostituiti con quelli di legno, la mattina di poi l’ingegnere Valvassori con un minatore polacco restato a Piossasco tolsero subito la carica, 4 quintali di tritolo (?) sarebbe saltata non solo la nostra casa ma buona parte del paese. A Beinasco è saltato il ponte e tutte le casupole sono un ammasso di rovine.
A Torino la casa è intatta ed ora stanno facendo pulizia al tuo alloggio. Se avessimo lasciato tutto la sarebbe stato bene, qui nella casa si è rotto qualche vetro e qualche tegola, certo che se io avessi avuto più forza di togliere i vetri li avremmo salvati tutti ma Cristina faceva altro ed io ne ho cavati solo quelli che ho potuto.
Ora altre notizie Fiorio è stato preso e non si sa dove sia anche il padre era stato arrestato e poi rilasciato, l’ebreo Rino è morto, il dottor Vasario che era fuggito dalla prigionia e che lavorava a Torre Pellice è stato fucilato dai Tedeschi, Tiozzoli si crede sia stato ucciso, M. e B. sono stati in carcere molti mesi e sono usciti dopo la fine della Repubblica, M. è stato ucciso e così N. nipote della sig.ra Cruto pare che abbiano fucilato anche Leonardo Olivero e che Vincenzo, Pierino e la madre siano ricoverati a Torino poi c’è stata una feroce giustizia di popolo, qui si sono accontentati di mettere falce e martello rosso a chi era con loro e nero ai fascisti, ma non hanno fatto nulla tranne ruberie e qualche sopruso. A Torino è quattro mesi che non vado perché mancando le corriere bisogna fare molto a piedi ed ora poi con la caduta del ponte la casa resta più scomoda, abbiamo avuto un inverno tremendo per il freddo e papà poverino ha fatto tutto in bicicletta perché prendevano la macchina. Ce l’avevano presa una volta ed hanno rovinato tutta la carrozzeria portandola in montagna ma poi io lo scritto al capo … che ce la fatta rendere.
I Tedeschi hanno requisito una camera due volte ma sono stati poco e si sono comportati civilmente, una volta volevano incendiare Orbassano e Piossasco e papà con altri è andato al Comando a Torino e sono riusciti a calmarli per noi che avevamo nel cuore il grande martirio di te tutto ci era indifferente mentre gli altri erano disperati. Anche il marito di D. era ricercato ma riuscì sempre a liberarsi a D. morì il bambino ed ora le è morto anche il padre. Giuliano e prigioniero in Germania e il fratello più giovane partigiano morì in uno scontro con i Tedeschi SS. Il padre di Paietta e Direttore dell’ Opera Pia di San Paolo, ti mando i giornali che chiesi nei giorni 26 ecc. qui non giunsero i giornali ed io ho potuto racimolarne qualcuno. Anche qua c’è una fioritura di giornali ed ora che Sisto va a prenderli a Torino prende quello che vuole e porta quello che fa piacere a lui, non abbiamo ancora avuto modo di sceglierlo fra quanti se ne pubblicano.
La vita qua è molto cara ed era una vera Repubblica perché tutti facevano borsa nera e non avevano più nessun comando I Repubblichini così li chiamavano commettevano tutti i soprusi fortunatamente anche quelli non hanno fatto male al paese sento che la vita supera di molto i prezzi di quassù che noi troviamo impossibili, certamente si pensa solo a quel po’ di vitto perché per il resto si adopera tutto quello che avevamo. Anche con la roba bisognava sempre nascondere ora di qua ed ora di là, avevamo murato un gabinetto perché se venivano in casa rubavano e portavano via con la forza. Ho cercato in breve di metterti al corrente di tutto, via i Tedeschi sono venuti gli Americani ma vennero il giorno in cui la guerra finì e allora dopo alcune ore ritornarono a Torino. Sono ritornati stamane un tenente ed un graduato, interprete Lanza il quale è malato di un cancro in bocca, stanno facendo le cartelle di ogni persona, fede politica ecc. ecc. È sindaco Boch di molto buon senso ed è aiutato da Alfredo Obert, è con noi molto gentile. Ho fatto avvisare le famiglie dei soldati che sono con te, poverette non avevano mai saputo nulla, figurati che Buttigliengo era stato dato morto dalla sig.ra Olivero, ieri Cristina andò ad avvisare la sua famiglia: il padre morì dopo alcune ore che ebbe saputa la notizia bisognerebbe poterlo preparare a conoscere tanta disgrazia, potrebbe avere una licenza, la madre ti supplica di fargliela avere se e possibile, oggi è venuta da me la moglie del tenente Rosso Adolfo che mandò un suo messaggio a noi e mi ha portato un biglietto ora sta a Trana ti prega di farglielo recapitare. Anche il Monsignor ed altri ti pregano di fare impostare tutte queste lettere che altrimenti non arriverebbero, in alcune hanno messo il francobollo ma essendo della repubblica e non avendone noi altri se non vanno abbi la cortesia di toglierlo e mettergliene un altro. Dicono che li rimborseranno li metterei io ma sono sempre repubblichini! E del tuo attendente Givone di Roppolo è sempre con te? Sono stata sempre in corrispondenza con la madre la quale poverina non ha saputo mai nulla. Il figlio dell’avvocato Nicola nipote dei Pognante è mancato in Russia, e Lele Valente è sempre a Roma? Ho mandato a Carolina la lettera di Vittorina, Carolina e suo marito stanno bene anche la sig.ra Cruto è contenta di aver saputo notizie di Lele, potrai avere notizie di Bistino? A Roma c’è suo figlio: avvocato Giuseppe Ferri, prima era nello studio di un avvocato di grido, all’Aeronautica c’era anche il figlio Tonino, Vera è stata tanto contenta d’aver saputo notizie dei suoi e della zia Tina e di Corneli ed Ofelia e Tonino puoi saper nulla? Zia Clara sta bene: nel Canavesano sono accadute brutte cose, anche Marina è stata fucilata ed Iride ha corso un rischio uguale ma è stata salvata, zio Dante ti ha risposto dei denari che gli hai mandati? Anche lui mandò a Vera nel luglio scorso un assegno di lire 1.000 per le sue spese ma questo assegno non giunse mai, si hanno notizie di Badia? Lelio ed Ida stanno bene e sono qua con i bambini impensieriti per non ricevere nulla, Celestino è ritornato e il giorno dopo è subito ripartito per Cavallermaggiore per ritornare alla sua casa e al suo lavoro. È tanto grasso da essere irriconoscibile. Quelli della Germania non sono ancora ritornati, qualche giorno fa se ne vedevano ritornare a piedi laceri e stanchi da strappare le lacrime ora li trattengono per rivestirli e nutrirli nel Castello di Moncalieri, anche Mondino quello zoppo, Toio è stato portato in Germania ma si teme l’abbiano ucciso. Il cugino Cesare è ricoverato e così Leonello quello che ci imprestò la valigia, anche Tealdo il figlio della signora è ricercato e si sa il perché si era iscritto nella Repubblica che dava affidamento solo agli …, sua madre è malata dal dolore, povera vecchia, la moglie di Cesare è scappata con i bimbi, Aldo F. dal 29 luglio cessò ogni attività e così fu lasciato in pace. Quante pazzie, quante malvagità, quante porcherie hanno fatto, ma la reazione è stata come il male tremenda. Questo per darti tutte le notizie. I Boneschi tutto bene, i Giordani pure, Italo ritornò a casa e così pote’ scappare suo cognato da Cattaro (Montenegro), tutte le volte che arrivava un suo messaggio era una festa per il paese e quando arrivò il primo, tutti corsero giù a casa per sapere. Il baule che avevi spedito a Musso a nome del Dott. Ferri non arrivò, fu nei giorni del caos, giorni che non dimenticherò mai. In questo momento vengono persone a portarmi lettere perché tu le faccia consegnare ai soldati i messaggi sono poca cosa povera gente, venne anche una certa Lanza della Cappella che ha suo fratello laggiù, è il cugino di Buttigliengo, io credo sia in qualche famiglia, la famiglia è allarmata ma se anche lui è andato in qualche famiglia certamente ritornerà su in silenzio. Avvisa Buttigliengo se può sapere qualche cosa di Lanza Giuseppe. Ti ho fatto avere per Buttigliengo il certificato di morte caso mai occorresse per fargli avere una breve licenza ed una dichiarazione del Sindaco, la famiglia ti è grata, se tu gli comunicherai la triste notizia, conto tanto e confortandolo. Anche un certo Goitre Agostino è di Piossasco e deve essere con te, sta dalla sig.ra Bolla alla fornace. Non so se li occorre qualche cosa perché non hai chiesto nulla. Ti mando le scarpe e ti mando quelle che ti avevo fatto fare sul modello di quelle che avevi comperate solo che hanno la doppia suola e che queste sono più leggere e più estive, allora furono pagate trecento o quattrocento lire mentre invece ora qua costerebbero dalle 5 alle 6 mila lire, laggiù poi so che costano molto di più, fortunatamente io ti avevo fatto mettere in ordine tutte le scarpe risuolandole ecc. ecc. e così ora le hai a posto ti mando un po’ di caramelle, le avevo prese per spedirtele prima che succedesse quel macello e la cioccolata l’ho sempre tenuta per te, ed ora sono cose preziose ed introvabili essendo genuine, ti fanno bene. Con i giornali ti mando anche qualche grissino che proprio ora hanno regalato a papà. La sig.ra Cruto ti prega di consegnare a Lele il pacchetto che ti accludo e regala anche a te un salamino, caso mai dice, Lele fosse partito mangia tu anche i due salamini. Enrico era a Rodi e lavorava molto fra la popolazione civile. Chi sa ora dove sarà. Ritornano i prigionieri dalla Germania e fanno la quarantena sia al Castello di Moncalieri sia alle Casermette per rimettersi un po’ in forza curarsi se sono malati e per rivestirsi tutti offrono vestiti usati ma quale pena dovere offrire a chi ha tanto sofferto i nostri rifiuti, sotto l’apparente tranquillità però cova qualche cosa. Chi sa se questa povera Italia potrà rimettersi un po’. Oggi sono stata alla San Vincenzo la sig.ra Boneschi l’ha istituita a San Vito e qui abbiamo le adunanze tutti i giovedì e la sig.ra Boneschi adopera tutto il suo tempo e molti dei suoi denari per farla ben prosperare, oggi mi hanno detto che in poco tempo mi hanno trovata cambiata ed ora che mi sono tolta quel peso di dosso che non mi lasciava dormire, che era il tormento di tutte le ore, mi sembra di essere rinata, papà poverino era nervoso con tutti e mi faceva tanta pena ed io dovevo comprimere il mio strazio per cercare di calmarlo trascurava persino i malati e a nulla servivano le buone parole di persone amiche ed affezionate. Il nostro spasimo è stato il dolore di tutti come la nostra gioia ora e divisa da tutti la signora Bersano mi ha detto che la sua cameriera ritornando a casa giorni fa, quando circolavano gonfiate tutte le notizie le aveva detto vada dalla sig. Silvani suo figlio è Generale parlando della terza sua terza onorificenza papà disse che poteva trattarsi della Croce di Cavaliere ed ora qualcuno chiede e il Cavalier Gustavo quando ritornerà. Oggi è venuta la guardia per chiedere a papà a quale partito politico egli appartenga perché gli americani stanno compilando la cartelle di ogni persona che occupa in paese un posto più elevato, andra poi ben in comune a dirlo ma per ora non si conoscono bene le direttive di ogni singolo partito e non si può quindi dire a quale l’animo si senta più portato o meno.
Temo che le cose non vadano troppo lisce e che sotto la cenere covi del fuoco certi argomementi dei giornali e certa attività che continua fanno mal dubitare.
Lunedì notte, Gustavino, dopo che il maresciallo andò via figurati che ci dette un po’ di caffè io ho avuto delle ore di vera serenità e di vera gioia, orgogliosa di te ero felice di ritrovare nella vita ancora le braccia della bontà, della generosità che credevo esulate dall’animo conosco dopo tutte le brutture vedute,. Lette, sentite ed ero tanto più contenta perché tutta questa bontà e generosità io la trovavo in te nel mio diletto figliolo. Non so dirti la soddisfazione di papà, tante cose brutte ci sono ancora, tanti dubbi e tanti sconforti ma nel tuo pensiero e nel tuo cuore tutto diventa sopportabile e meno gravoso. Quando potrai venire? Chissà quanto caldo avrete! Quassù è l’equatore non piove e dopo la brina che ha compromessa la campagna anche la siccità completa il quadro di squallore!
Vera è a Torino ma fra due settimane avrà finito ed io ne sono contenta perché è un problema duro a risolversi procurarle il visto stando lontana stando tutti insieme la casa è meno disagevole, in casa d’altri poi non si può adattarsi troppo spesso e come purtroppo occorre far ora, dei suoi ancora nulla speriamo che riceva direttamente, chi sa il padre come andrà! Avranno fatto un po’ repubblica come avevamo qua, era proprio messo in pratica il detto del campanile di Coazze. Nessuna autorità e tutti in balia del primo prepotente che saliva in cattedra, papà è andato oggi in bicicletta ad un consulto a Cumiana è ritornato molto stanco. Questo caldo lo butta molto giù e si che io cerco che a lui non manchi nulla di quello che e più necessario, ora è andato a letto e mi ha detto di dirti tante cose di farti tanti complimenti, tante carezze e di dirti un mondo di cose belle e soprattutto di dirti che ti aspetta presto presto come ti aspetta presto presto con una febbre di ansia la tua mammina, Cristina ti saluta e ti attende e Vera poverina scrive anche oggi chiedendo di te è impaziente insieme a noi di rivederti studia bene e riesce molto bene ha trovato la sua strada ti ha preparato un vaso e dei piatti in ceramica. Con papà ti stringe forte forte al cuore la tua mammina e ti bacia, se viene su qualcuno e ti serve qualche cosa prima che tu venga sappimelo dire, tutti i baci i rallegramenti, gli auguri e l’affetto del tuo papalino e della tua mammina, non rileggo scusami!

18 maggio

Gustavino nostro caro
Cristina oggi porta a Pinerolo il pacco che mi auguro tu lo riceva presto, poco fa è venuta da noi la superiora delle Suore della Trinitaire che sfollate a Piossasco, hanno istituito qua nella casa di Torzoli la scuole secondarie: ginnasio e liceo. Ella ha ricevuto stamane un messaggio di suo fratello al quale ha risposto, vuoi tu avere la cortesia di portarglielo o farglielo avere? Te ne sarebbe veramente grata. Queste suore conoscono bene la famiglia … Nel pacco troverai una lunga lettera dove abbiamo cercato di darti notizie di tutto e di tutti i conoscenti ti ho mandato i giornali mancavano proprio i più importanti quelli dal 29 al 1° qua non arrivano e nessuno poteva andare a Torino, te li avevo messi da parte.
In uscita ci sono vari articoli di Paietta ma io non ho potuto leggerli perché i giornali sono in numero limitatissimo e Sisto ci da quello che vuole lui, Rinaldo a scritto a casa stamane, papà e a Cumiana per un consulto e con questi calori e in bicicletta si stanca molto.
Ti abbracciamo e ti baciamo tanto tanto papà e mammina

 

Tra le braccia dei suoi cari, con i conforti della religione la particolare benedizione del Santo Padre è spirato il
Dottor Silvio Silvani
medico chirurgo condotto di Piossasco per 39 anni.
Un'esistenza di duro lavoro e di continuo sacrificio, una professione esercitata con la fede, .a dedizione e l'entusiasmo dell'apostolo.
La famiglia ed i suoi malati furono sempre e solo, sino alla fine, tutto il suo pensiero ed il suo cuore.
«Niente lutto, niente fiori, funerali semplicissimi» così volle perchè la sua vita fu tutta semplicità.
Angosciati ne danno il doloroso annuncio le moglie Edda Ferri, il figlio Gustavo, la nuora Sonia Strizevsky, i fratelli Agostino ed Aldo con le famiglie, la nipote era Meocci che egli ebbe cara come figlia, i cognati Ferri, Meocci, Romanelli, i nipoti Corneli, Minelli, la famiglia Mardesich e a fedele Cristina Caro,
I funerali avranno luogo in Piossasco il giorno 14 corr., alle ore 10.
Piossasco. 12 gennaio 1949.

L'Amministrazione Comunale di Piossasco si associa al grave lutto della famiglia del Dottor Silvio Silvani che per ben 39 anni, esplicò la sua opera quale solerte e beneamato medico condotto.

Le famiglie Cruto Giuseppe e Enrico si associano al dolore della carissima famiglia Silvani per le perdita del Dottor Silvio Silvani.

Il Dott. Alfredo Mallè e famiglia prendono viva parte al dolore delle famiglia per la scomparsa dell'amico fraterno Dottor Silvio Silvani.

Alfredo Oberto e famiglia prendono parte al dolore della moglie e del figlio per la perdita dell'amico carissimo Dottor Silvio Silvani.

La Gazzetta del popolo giovedì 13 gennaio 1949

 

Manoscritto del figlio Gustavo

Ringraziamento
Attraverso l'azzurro infinito il
Dott. Silvio Silvani

ha sentito tutto l'amore della sua Piossasco e su di ogni fronte ha posato il suo bacio.
La moglie, il figlio e la nuora commossi per queste apoteosi d’affetto, di riconoscenza, di stima e di devozione data al loro carissimo, nell'impossibilità di farlo individualmente, porgono i più affettuosi ringraziamenti a tutti i Piossaschesi, a quelli di Bruino e dei paesi limitrofi, agli amici di Torino, agli sfollati di un tempo che memori sono ritornati a salutare il medico amico.
Ringraziamenti particolari al Sindaco Sig. Michele Elia ed alla Giunta Comunale che vollero onorarlo facendo i funerali a spese del Comune e rievocando, con tutta comprensione, la sua opera di professionista onesto, buono ed intelligente.
Ringraziamenti particolari all'Amministrazione ed alle Reverende Suore dell'Ospedale (San Giacomo) che tanto delicatamente interpretarono l'ultimo suo desiderio, agli Operai delle Mutue ed agli Alpini che fraternamente portarono a spalle la salma, alla Società Filarmonica alle Scuole e ai suoi Insegnanti all'ottimo Prevosto Don Carlo Gianolio, e tutte le Associazioni civili e religiose, all'amico fraterno Prof. Massa e ai suoi assistenti, a tutti i Medici amici della Provincia e di Torino che con le loro frequenti visite sollevarono il suo animo affranto agli innumerevoli che con la famiglia divisero le eterne ore di ansia e di dolore, all'ottima famiglia Cruto che lo accolse amico nella sua tomba, al Dott Mallè, ai Sigg. Caro e Camisasso che lo vegliarono affezionati e devoti, al Signor Lele Valente che lo ricordò con parole figliali.
Un ringraziamento particolarissimo, perchè particolare e sublime fu l'amicizia che li legava al Professore Stefano Battistini che ripetè commosso, lui che profondamente lo conosceva, tutto quello che il suo cuore onesto e buono gli suggeriva per il medico condotto onesto e buono scomparso.

Gazzetta del Popolo Piossasco 15 gennaio 1949

 

Vita Parrocchiale febbraio 1949 Bollettino di San Francesco

Silvio Silvani del fu Giuseppe all’età di 68 anni, medico insigne, esperto e buono. La Sua è stata una vita sopratutto laboriosa. Lavoro di studio e di cure assidue per gli infermi, pei quali non risparmiò fatiche e disagi, pei quali sacrificò anche il più giustificato riposo. Un amore per gli infermi che vinceva ogni interesse umano, che apriva il cuore a confidenza, che annullava le distanze, che sapeva rendere più lieve il dolore, è stato fratello tra fratelli.
E questo fece sino all'ultimo, quando pure un male atroce tormentava la sua carne. Avrebbe voluto morire al capezzale d'un infermo. Se già vi fu un uomo convinto ed entusiasta della sua missione lo è stato lui. Non è tanto facile apprezzare giustamente il sacrificio di circa 40 anni di tale e tanto lavoro. Due generazioni ne hanno goduto a profusione anche senza farne tanto caso. E' apparsa una cosa naturale, ma fu un raro esempio di generosa, direi eroica, bontà. A questa mirabile attività professionale univa un profondo spirito religioso. Ebbe si un sincero rimpianto di non aver dato un po' di tempo alle pratiche esterne religiose, ne riconobbe l'importanza e il dovere, però il suo spirito viveva a contatto abituale con Dio, e ogni ciottolo delle nostre vie potrebbe rendere testimonianza della sua silente e umile adorazione a Colui, che tutto regge e pel quale tutto vive. Di acuta intelligenza e di cuore retto era naturalmente cristiano, ma fece di meglio, e raggiunse con semplicità evangelica un'espressa, umile e totale adesione all'autorità della Chiesa. Nessuno potrà mai conoscere tutta I’opera sua di carità. E' cerne una preziosa tela, che egli andò tessendo i fili d'oro in mille incontri col sorriso, l’interessamento, gli aiuti, i consigli, i conforti, la comprensione. Opera preziosissima davanti a Dio e agli uomini. Solo Dio può compensarla degnamente. Colla sua intelligenza avrebbe potuto scegliere un grande centro e farsi una fama brillante, ma ha preferito essere a contatto col popolo semplice, colle famiglie campagnuole, medico condotto in un paesello. Ma il popolo non sbaglia, ha compreso tale bontà e se già in vita glie l'ha dimostrato, oggi io proclama altamente. Dai più umili casolari ai più alti casati è un coro unanime di ammirazione per tale opera, e di cordoglio per tanta perdita. Era un uomo, che rispettava tutto e tutti, che stava bene coi dotti e coi semplici, ne timido ne arrogante, amabile e composto. I suoi funerali furono un trionfo: la vita del paese si è arrestata per dare allo scomparso la più solenne dimostrazione di stima, affetto e riconoscenza. Ci uniamo nel dolore di tanta perdita alla sua Signora ed al suo figlio Prof. Gustavo, che furono davvero, come egli stesso li ebbe a proclamare, due angeli nell'assisterlo, e crediamo colla fondata speranza che per la divina misericordia e le opere sue di bontà il loro diletto sia già fra le anime felici nel seno di Dio.

 

Associazione Piossaschese - marzo 1993

Fatti e leggende del tempo passato
Il Medico “el Medic”

Il tempo invernale, é ideale per le malattie, sa anche l'estate non scherza, mettendo a dura prova la capacità professionale e l'altruismo dei dottori.
Questa é una categoria che la gente li calcola in due modi diversi: Utili ,e professionalmente preparati quando riescono ad alleviare i dolori e guarire; Superficiali e impreparati quando non riescono . Purtroppo é una ragione sociale che non sempre si trova l'accordo completo per tutti.
In Piossasco,andando a ritroso nel tempo, poco più di 40 anni fa, possiamo verificare il comportamento della popolazione verso il Dottore; aveva allora 3000 Abitanti e Due Medici, essi viaggiavano prevalentemente in bicicletta,e quando il tempo era impossibile facevano le visite a piedi coprendo il territorio con la loro preziosa presenza. Quando il paziente aveva bisogno, richiedeva la visita e attendeva fiducioso, il Dottore arrivava,veniva accolto con grande ospitalità, egli impersonava il taumaturgo e i famigliari del malato scrutavano ansiosi il comportamento del Dottore, a termine della visita andava verso il catino colmo d'acqua si lavava le mani e le asciugava nel candido asciugamano (Macramè di lino), poi si sedeva a tavola e mentre scriveva la ricetta, spiegava e rispiegava il futuro decorso della malattia del paziente a tutta la famiglia riunita intorno a Lui.
Il Dottore era anche un confidente, un consigliere, con Lui la gente esponeva le ansie,i dolori della vita quotidiana.
Mi ricordo nel lontano Gennaio 1946, la neve era venuta copiosa e aveva raggiunto i sessanta centimetri di spessore .… sonnecchiava nel paese, un greve silenzio regnava sovrano, ma, era una pace che non allietava i cuori,una terribile epidemia di "TIFO",metteva a dura prova la resistenza della popolazione già debilitata della penuria di cibo imposta dalla guerra.
Il medico,come il parroco erano impegnati al massimo delle loro possibilità per confortare e arginare il decorso del morbo.
Il Dottore si recava anche due volte al giorno dai malati,somministrava le medicine e sosteneva con consigli e in quelle occasioni imponeva la regola di vita a tutta la comunità.
Mi pare di vederlo, il Dott. SILVANI, alto,magro persino un pò curvo,con la bicicletta per mano, arrancare per strade e stradine di Piossasco, salutare con un pacato "CIAU" a quanti lo incontravano e si toglievano il cappello in deferente saluto. Mi pare di sentire la sua autoritaria ma paterna voce ,dare disposizione a mia madre per curare me e mia sorella colti dalla febbre tifoide.
Mi pare di essergli ancora accanto,quando venne sconfitto dalla morte di mia sorella di 23 anni, egli si rivolse ai miei genitori con un aria talmente umile e addolorata che ancora oggi dopo tanto tempo credo che il suo cuore veramente ne patì tutta l'intensità del dolore umano.
Quante volte i Dottori si trovano in quella situazione?
Suppo Luciano

Ho potuto ricostruire l'operato e la vita del Dottor Silvio Silvani grazie al materiale della Signora
Mola Elia Teresa

www—www—www

Anno 1949
La Morte del Medico condotto.
Il 12 gennaio scorso, il Dott. Silvio Silvani moriva all’età di 68 anni. Da quasi 40 anni era stato medico condotto del paese, e il paese, gli a reso omaggio, intervenendo ai funerali, fatti a spese del Comune, ai quali presero parte tutte le due Parrocchie di Piossasco. Nell’euforia, da cui furono tutti un po’ presi, furono dette e scritte parole ed espressioni vaporose, inesatte, esagerate per ricordare il medico “onesto e buono” il quale ha atteso alla sua professione e al suo incarico con la capacità e solerzia che d’ordinario dimostrano tutti i medici. Con piacere va notato che il dott. Silvani, se pure in vita non frequentasse la Chiesa (forse perché assillato da troppo lavoro), sentendosi avvicinare l’ora estrema, chiese ed ebbe i Conforti religiosi e si avvicinò a Dio, provando nella fede cristiana veramente conforto nei suoi gravi dolori. Il Dott. Silvani, che soffrì quando fu messo a riposo per età, è morto sulla breccia, com’era suo desiderio perché cessò il lavoro solo quando ne fu costretto dal grave male che da tempo lo tormentava. Bella la sua concezione di vita, che c’è data da Dio per spenderla nel lavoro, specialmente a pro del nostro prossimo. Dio n’avrà tenuto certamente conto.

Dalla Buona parola del Vicario Don Giuseppe Fornelli, febbraio-marzo 1949

 

www—www—www

Il dott. Silvio Silvani

Chi abita a Piossasco in Via Silvani, si sarà chiesto, più di una volta, chi fosse il personaggio del quale la strada porta il nome.
Costui era un piossaschese di adozione, un medico condotto ligio e devoto al suo lavoro, che sentiva come una missione e, proprio per tale ragione, era amato ed ammirato dall'intero paese.
Alto, magro e ossuto, capelli grigi e radi, occhiali a stanghetta, portava sempre con sé la sua inseparabile valigetta con i ferri del mestiere; andava a visitare i malati a Piossasco in bicicletta e a Bruino con la balilla. Per lui non esistevano vacanze, né momenti di riposo: era chiamato di giorno, di notte, in orari festivi e prefestivi.
E quando durante la guerra fu minato il Ponte Nuovo, situato presso la sua villa, egli non si allontanò di molto dalla propria dimora, in caso qualcuno avesse avuto bisogno della sua opera di medico e passò quella notte di incubo e di terrore, ospite di vicini di casa.
Ogni mattina faceva ambulatorio all'ospedale San Giacomo, assistito dalle Suore e tutti i malati gli erano affezionati e gli volevano bene.
Abitava in una bella palazzina rossa con una striscia azzurra, su cui erano dipinte grosse margherite.
C'erano colà tali fiori, per il fatto che, prima di lui, occupava quella casa una certa signora Margherita, che aveva in quel modo originale fatto illustrare sui muri della propria residenza il suo nome. Pare che costei ricevesse nel suo salotto pittori e scrittori vari, ma queste sono notizie piuttosto vaghe, che si perdono nella notte dei tempi.
Il medico missionario aveva un fratello avvocato, Aldo Silvani, che viveva a Roma e faceva l'attore.
Talvolta capitava che nel piccolo cinema del nostro paese dessero qualche film, in cui recitava costui, ed era subito un gran vociare di donne per darsi la notizia e, quella sera, immancabilmente, erano tutte allo spettacolo.
Il dott. Silvani e la sua signora avevano una persona di servizio fedelissima, assunta appena si erano trasferiti a Piossasco e non l'avevano mai cambiata: le erano affezionati e la trattavano come una di famiglia. Costei faceva la cuoca, la cameriera e, all'occorrenza, anche l'infermiera e la bambinaia; aveva allevato lei il figlio dei suoi datori di lavoro e quando quest'ultimo era cresciuto ed era diventato professore in medicina, ella continuava a dargli del "tu" e a chiamarlo per nome, salvo che davanti ai clienti, davanti ai quali, rivolgendosi a lui, si proferiva in grandi inchini e salamelecchi, dandogli del "lei" e chiamandolo "Professore".
Non si era mai sposata e aveva passato tutta la vita al servizio di quella famiglia. Durante la malattia del medico, morto di un male che non perdona, aveva sempre le lacrime agli occhi e piangendo scuoteva il capo sconsolata ed afflitta.
Il dottore era malato di tumore, lui stesso l'aveva diagnosticato: conosceva la natura del suo male e sapeva che non c'era più nulla da fare. Alla sua morte tutto il paese era in lutto. Fu così che, per rendergli onore e per non dimenticarlo, il Comune di Piossasco decise di dedicare una via al suo medico missionario, che si era fatto tanto amare dall'intero paese per la dedizione al lavoro e la grande professionalità.
Ecco parte di un articolo su quest'uomo esemplare apparso nel bollettino della Parrocchia di San Francesco del mese di febbraio dell'anno 1949, in occasione della sua morte.
"La sua è stata una vita soprattutto laboriosa. Lavoro di studio e di cure assidue per gli infermi, per i quali non risparmiò fatiche e disagi, per i quali sacrificò anche il più giustificato riposo.
Un amore per gli infermi, che vinceva ogni interesse umano, che apriva il cuore a confidenze, che annullava le distanze, che sapeva rendere più lieve il dolore; è stato fratello fra i fratelli
E questo fece fino all'ultimo, quando pure un male atroce tormentava la sua carne. Avrebbe voluto morire al capezzale di un infermo. Se già vi fu un uomo convinto ed entusiasta della sua missione, lo è stato lui. Non è tanto facile apprezzare giustamente il sacrificio di circa quarant’anni di tale e tanto lavoro. Due generazioni ne hanno goduto a profusione, anche senza farne tanto caso. E' apparsa una cosa naturale, ma fu un raro esempio di generosa, direi eroica bontà.
Colla sua intelligenza avrebbe potuto scegliere un grande centro e farsi una fama brillante, ma ha preferito essere a contatto col popolo semplice, colle famiglie campagnole, medico condotto in un paesello. Ma il popolo non sbaglia, ha compreso tale bontà e se già in vita gliel'ha dimostrato, oggi lo proclama altamente. Dai più umili casolari ai più alti casati è un coro unanime di ammirazione per tale opera e di cordoglio per tanta perdita.
Era un uomo che rispettava tutto e tutti, che stava bene coi dotti e coi semplici, né timido né arrogante, amabile e composto. I suoi funerali furono un trionfo: la vita del paese si è arrestata per dare allo scomparso la più solenne dimostrazione di stima, affetto e riconoscenza”.

Dal libro:
Piossasco ieri
Miranda Cruto
Edizioni Cultura e Società
Giugno 1995

 

www—www—www

 

A caro ricordo
Dott. Francesco Alfano

1896 - 1966

 

L'UOMO DI CUI PARLIAMO

Nato da una famiglia rurale, con la luce intellettuale della sua mente, con l'impulso della sua ferrea volontà, con il suo grande cuore, arrivò ad essere un grande Medico, raggiunse in paese le più alte e importanti cariche pubbliche, e si affermò fra i più generosi e stimati benefattori di Piossasco.

A gloria e onore di Lui
Cav. Comm. Dott. FRANCESCO ALFANO
e in sua Memoria vuole essere indirizzato anche questo breve fascicolo biografico, che a Lui

DEDICHIAMO

Casa natale ai Luisetti Cumiana

I suoi umili natali ai Luisetti di Cumiana

Nacque il 29 novembre 1896 alla Frazione Luisetti nel territorio di Cumiana, da Alessandro Alfano e da Lucia Oddenino, i quali possedevano ai Luisetti una piccola cascina, detta il "Chiabotto" (Ciabòt).
Come si può vedere nella foto, il Ciabòt comprendeva una parte rustica e una parte civile, che il Dottore cercò sempre di abbellire e rinnovare. Era affezionato a quel luogo natio, e quando gli era possibile scappava ai Luisetti a passare anche solo qualche ora, a consumare con la famiglia qualche merenda.
La cascina rendeva poco, ma egli non l'avrebbe venduta per nessun denaro perchè era un ricordo dei suoi avi e della sua nascita.
Divenne poi il Medico dei Luisetti: i borghigiani, se malati, volevano solo Lui, il loro Medico, di cui si gloriavano; non passava festa o circostanza importante senza che invitassero il dott. Alfano del Ciabòt.
E le date più salienti della vita del Dottore venivano anche celebrate e solennizzate ai Luisetti. Egli sapeva corrispondere all'affezione dei Borghigiani, ed eccone una prova:
Ai Luisetti mancava un degno edificio scolastico: ne fu progettato uno dal geom. Andreis di Piossasco. Ma dove costruirlo? Il dott. Alfano offrì generosamente il terreno, e ne sorse un edificio scolastico modello, che venne inaugurato nel 1931, con una festa quale non si era mai vista ai Luisetti.

 

Scuola elementare dei Luisetti di Cumiana

Dalle scuole elementari all'Universita, alla laurea.

Dai Luisetti, ancora fanciullo si trasferì a Piossasco, dove nel centro del paese, il papà aveva comperato una casetta. Il piccolo Francesco frequentava le scuole elementari e con successo, dimostrando grande inclinazione allo studio tanto che i suoi genitori per favorirlo lo inviarono nel 1909 al Seminario di Giaveno per compiere i corsi ginnasiali.
E fu là che conobbe il futuro Vicario di S. Vito, che allora era semplice Chierico e gli faceva da Assistente.
Un giovedì, giornata destinata a passeggiata lunga, tutta la classe del Seminarista Alfano, guidata dall'assistente chierico Fornelli, venne a piedi da Giaveno a Piossasco, e in casa Alfano fu consumata una merenda a pane e salame.
Francesco Alfano conservò sempre vivo il ricordo del chierico Fornelli; e quando nel 1931, egli già Medico di Piossasco, lesse sui giornali la notizia che Don Giuseppe Fornelli era stato nominato Parroco a Piossasco, si precipitò a Torino, dove don Fornelli era Vicecurato, in compagnia dell'amico dott. Attilio Crescio, per essere tra i primi a porgere le congratulazioni.

In verità, il Dottore stette un po' male, quando seppe che Don Fornelli non era assegnato alla parrocchia di San Francesco, che era la sua, ma a quella di San Vito ad ogni modo, viva e fedele amicizia vi fu sempre fra il dott. Alfano e il Vicario don Fornelli, di cui fu sempre il Medico curante.

Terminati gli studi liceali a Pinerolo, il giovane Francesco Alfano si ascriveva all'Università. Ma intanto gli era venuto a mancare il papà, morto il 23 giugno 1915.
Gli restava la mamma e la sorella, le quali si sottoposero a gravi sacrifici, purché l'universitario potesse proseguire gli studi e raggiungere il suo ideale. E Francesco entrando all'Università, aveva già fisso in mente il suo ideale: "diventare Medico".

Dott. Francesco Alfano

Aveva osservato quanto il Medico fosse onorato per la sua nobile missione; aveva compreso che la missione del medico è parallela a quella del Sacerdote: uno cura le anime e l'altro cura i corpi, a bene del prossimo, della umanità.

Finalmente arrivò il grande giorno della Laurea: il 5 luglio 1922. Il mattino seguente, assai presto, da Parma partiva un impaziente telegramma (ricevuto a Piossasco dal sig. Boghetto, capo della stazione del Tram), indirizzato a Lucia Alfano, sua mamma, che portava alla famiglia la grande notizia: "Laureato Medico Chirurgo".
E per la prima volta il nome di Francesco Alfano si fregiava del titolo di "Dottore".

Suo servizio militare: due guerre mondiali - Ferito al capo

Il dott. Francesco Alfano diede un lungo contributo a servizio della Patria: circa cento mesi, passati nelle zone venete durante la guerra 1915-1918 e nelle zone alpine piemontesi, sul confine della Francia, nella guerra 1940-1945.
Alla prima chiamata (1915) egli non era ancora Medico, quindi dovette fare i corsi da Ufficiale all'Accademia Militare di Parma, dove nel maggio 1916 veniva promosso sottotenente, e quindi inviato in zona di guerra nel 74° Reggimento Fanteria.
Dalle montagne venete, tormentate dalla guerra, il sottotenente Francesco Alfano, inviava a casa dentro una piccola busta, alcuni ciclamini accompagnati da questo biglietto: « 9 settembre 1916: questi ciclamini che vedete nella presente mia li ho raccolti sull'orlo di una trincea austriaca tutta sconquassata in seguito all'avanzata nostra nei giorni 9-14 del mese scorso.
Crescevano in mezzo alle roccie e sono preziosi. Teneteli preziosi. Un bacio affettuoso a tutti. Firmato sottotenente Francesco Alfano 74° Fanteria II Compagnia, zona di guerra».
Passò poi a comandare la 2091 Compagnia ''Mitragliatrici - Modello 907-F - Armata del Grappa".
Al fronte in prima linea nel 1917, un giorno egli rischiò la vita: una scheggia di granata lo colpì alla testa e gli perforò il casco di ferro; senza di esso il colpo sarebbe stato mortale. Era il giorno 25 maggio 1917.
Questo avvenne sulle trincee di Castagnevizza.
Il tenente Alfano in prima linea fino al 4 novembre 1918, giorno dell'armistizio, che segnava la fine della guerra. In una lettera alla mamma esprimeva la sua gioia che era la gioia di tutti.

il Tenente Alfano Comandante la Compagnia

Ecco la lettera:

« Mamma carissima,
oggi siamo scesi al piano, a riposo, con la musica in testa. Che contentezza, che festa! Tutti i soldati cantavano e quasi non sentivano la stanchezza di due mesi continui di trincea e di parecchi giorni di combattimento. Ho provato una contentezza che non so quando abbia provata l'eguale. I soldati cantavano come se tornassero da una festa da ballo.
Le buonissime notizie che ci giungono da tutte le parti coronano di gloria e di meritata vittoria i nostri sforzi di quattro anni di angoscia di guerra asprissima.
Il nemico secolare è abbattuto e schiacciato per merito della nostra forza e del nostro forte volere.
Abbiamo vinto e siamo soddisfatti. Nessun premio ci accontenta: basta la soddisfazione che proviamo per aver compiuto il nostro dovere.
L'Italia tutta deve essere orgogliosa e contenta del nostro operato. I nostri Superiori, pochi giorni fa, ci hanno gridato: "Il popolo d'Italia ed il mondo vi guarda; fate tutti il vostro dovere"! E noi l'abbiamo fatto tutti e ne andiamo orgogliosi.
Non potrò mai esprimere l’impressione che ho provato nel tornare sano e salvo in mezzo alle popolazioni che ci acclamavano e portavano in trionfo. Avrete certamente sentite le notizie del nostro operato e delle nostre strepitose, vittorie.
Di salute sto bene. Domani andrò colla mia Compagnia a posare i pidocchi... faremo il bagno... Bacioni a tutti. Francesco ».

Nel 1918, pochi mesi prima che terminasse la guerra e precisamente l'I1 aprile 1918, il Comandante la 3a Compagnia del Battaglione 907 - F del 3° Reggimento Mitraglieri di marcia, richiesto dai Superiori di compilare un Rapporto sul comportamento del Tenente Francesco Alfano per la proposta di avanzamento di grado, così rispose:
« Si ha l'onore di riferire a cotesto Comando che il Tenente Alfano sig. Francesco della classe 1896 con anzianità di grado 21 -1 -1917 e di spalline 27- 3 - 1916, domiciliato a Piossasco (Torino) proveniente dal Deposito Mitraglieri di Torino, dove ha frequentato il corso; con 21 mesi di fronte, era prima dell’arruolamento studente in Medicina; fece parte della Compagnia dal 12-3 al'8-4-1918.
In tale brevissimo periodo di permanenza, dette agio di rilevare in lui: ottime qualità fisiche e morali, buona cultura militare, buona conoscenza dei regolamenti in genere e buona applicazione di essi; d'intelligenza sveglia, serio e corretto, disciplinato nelle sue diverse mansioni, energico con i propri dipendenti, sa cattivarsi la stima e l'affetto dei Superiori e Inferiori ».

 

Capitano Medico Dott. Alfano nella Valle d'Aosta durante l'ultima guerra

E il Maggiore Toselli, comandante il Battaglione, aggiungeva: « Il Tenente sig. Alfano possiede ottime qualità ed attitudini che lo rendono un distinto Ufficiale, sul quale si può fare pieno affidamento ».

Alla prima guerra mondiale 1915 -1918, Francesco Alfano fu chiamato alle armi, che era studente in medicina; alla seconda guerra mondiale 1940-1945 fu richiamato in grado di Capitano, che era già Medico da molti anni.

Fu incaricato di Dirigere il Servizio Sanitario operativo del Settore "Baltea", che si svolgeva sulla frontiera della Francia, nella zona di Aosta.
Fra valli e monti, passò giornate difficili e rischiose.
I suoi Superiori potevano ripetere di lui gli elogi già espressi dai Superiori della prima guerra: « Ottime qualità e attitudini ».
E queste sue qualità, doti e virtù lo accompagnarono poi sempre

Il medico - modello ed eroico

Conseguita la Laurea in Medicina, il novello Medico Alfano decise di restare a Piossasco. Nella casa paterna, in via A. Cruto, aprì uno studio medico, un ambulatorio, e più tardi un gabinetto dentistico. Aveva in testa la ferma idea di farsi strada: la cosa non si presentava facile, dato che a Piossasco vi erano già alcuni medici più anziani di lui, con i quali cominciò a competere con serietà e correttezza.
I suoi primi clienti furono quelli della periferia, dei cascinali, i più lontani dal capoluogo. Alla prima chiamata, sia di giorno che di notte a qualsiasi ora, per qualunque tempo o stagione, senza paura di sporcare o guastare la macchina, balzava in sella e via di corsa, impaziente di arrivare ai malati e portare conforto e salvezza.

Alle Prese, la frazione più lontana dal paese (cinque chilometri) su in montagna, in certi giorni, in occasione di malati gravi, saliva anche due volte al giorno con la sua robusta moto, per una strada sassosa, ripida e con molte curve.

Il giovane medico si apriva effettivamente la strada: le doti che tutti gli riconoscevano e lo rendevano stimato e simpatico, erano la prontezza con cui si portava dai malati, e la ferma decisione di trasportare o far trasportare i malati all'ospedale, quando il male era grave e di difficile prognosi.

Amava gli ammalati e con carità umana e cristiana li assisteva. Gustava la gioia di essere medico, glielo si leggeva negli occhi. E quando qualcuno si meravigliava della sua attività, rispondeva che per lui non era una fatica, perchè per fare il medico, diceva « ...bisogna avere la passione ».

Nell'occasione della sua morte, sono venuti fuori, sono fioriti sulle labbra di tanti, episodi bellissimi e commoventi, che testimoniano l'eroismo del medico Alfano.

Diploma di Laurea del Dott. Alfano

Eccone qualcuno:

Parlare del dott. Alfano che per ben quarant’anni prestò la sua attività medica sia alla casa salesiana del Bivio di Cumiana, sia alla Casa di Cura di Piossasco per anziani è cosa gradita ma anche difficile.

Non c'era orario nelle sue visite, chiamato di giorno o di notte si precipitava con la sua automobile, che all'occorrenza diveniva anche ambulanza, e si curvava sul letto dei nostri giovani con il sorriso e con l'affetto di un papà.

Chiamato una volta nel cuore della notte, ricevette la telefonata quando era appena rientrato da Torino dove aveva portato un ammalato della Verna di Cumiana, venne immediatamente, prese il malatino sulle sue braccia, lo portò in auto dal cugino chirurgo a Pinerolo, assistette all'intervento urgente, solo dopo essersi assicurato che il decorso post-operatorio procedeva bene, si allontanò dall'ospedale per iniziare le visite dopo aver passato tutta la notte insonne.
E questo non fu l'unico caso.

In un incidente automobilistico, occorso ai Salesiani della Scuola, si precipitò sul luogo dell'incidente, prelevò ad uno ad uno gli infortunati, li portò a casa sua per le medicazioni e la visita, li portò alla Casa Salesiana con la sua auto, e poiché uno degli infortunati destava alcune preoccupazioni sia per l'età sia per l'eventuale commozione cerebrale, passò tutta la notte accanto agli ammalati. Invitato a ritirarsi per riposare, rispose tra il burbero e lo scherzoso: « Lascia andare, la vita di un uomo vale bene il mio riposo ». E non fece cenno d'aver dimenticato anche la cena.

Gioiva come un fanciullo quando con i suoi interventi tempestivi, con le sue diagnosi scrupolose ed esatte riusciva a salvare una vita.

Confidava una volta a chi scrive: « Ho portato stanotte a Torino un ammalato, prelevato dalla sua casa sperduta in montagna (l'aveva prelevato lui stesso); il professore del Mauriziano — non ricordo esattamente il nome — seguendo la mia diagnosi intervenne immediatamente tutto andò bene, guai se tardavo un'ora, non puoi immaginai il piacere che ora provo, la soddisfazione di essere medico ».

Un giorno accettò l'invito di essere ospite di alcune Case Salesiane del Veneto, visitando i campi di battaglia della guerra 1915-'18, dove lui giovane tenentino aveva esposto la vita per la Patria; grande fu il suo stupore nel constatare che in ogni casa vi era un confratello o giovane ex allievo della scuola agraria o ex degente della nostra casa di cura di Piossasco, tutti da lui curati con eguale affetto, con eguale perizia.

Commentava poi: «Non sapevo di essere così importante nelle vostre case e di essere così ricordato».
Due giorni prima di essere colpito dal male che lo portò alla tomba, si lamentava di essere stanco e sfinito dalle continue visite agli ammalati, dalle continue richieste di cui era pressato, ma commentava in buon piemontese: « Sono medico per gli altri, non per me, avanti fin che si può ».

Così abbiamo visto, così ricordiamo il Dottor Commendatore Francesco Alfano.

Casa Salesiana del Bivio di Cumiana

Il medico della Casa Salesiana di Piossasco, dottor Francesco Alfano
nel ricordo del direttore don P. Farina

Conobbi il dott. Francesco nel lontano 1939, quando feci il mio primo ingresso nella Casa Salesiana di Piossasco in qualità di ammalato.
Era la sera del 19 giugno ed il dottore, giovane di bell'aspetto, mi fece una visita accurata, mentre io cercavo di leggere nei suoi occhi il verdetto del male che mi aveva colpito. Egli ne confermò la gravità, ma seppe condire le sue parole di tanta amabilità, da infondermi coraggio e serenità di spirito.

« Riposo, buon nutrimento e morale alto! Ecco le medicine che la faranno guarire », concluse con il sorriso sulle labbra.
Sebbene non del tutto convinto del suo ottimismo, provai tuttavia una gratissima impressione in questo primo incontro, che mi diede modo di conoscere la bontà affabile e cordiale del compianto dott. Alfano.

Egli era un uomo che sapeva infondere fiducia nei suoi pazienti. Li seguiva con le premure di un padre affettuoso, li visitava con la massima frequenza, interessandosi delle vicende del male e suggerendo rimedi e consigli, dettali dalle esperienze e ricerche della moderna terapia. Nei casi gravi egli moltiplicava le sue attenzioni e li visitava immancabilmente ogni giorno.

Si fermava volentieri a conversare con i confratelli della casa, intrattenendoli con episodi di sua gioventù, o informandoli delle esperienze mediche e dei contatti coi professori dell'Ospedale San Luigi di Torino.

Portava — quali primizie — farmaci di recente produzione, ben lieto se i pazienti avessero potuto trarne vantaggio per i loro mali.

La salita alla nostra Casa di Piossasco non era né facile né agevole. La stradetta ciottolosa diventava anche fangosa, durante il maltempo. Nei primi tempi la percorreva a piedi; poi fece uso della bicicletta, della motocicletta e finalmente dell'auto, che gli permetteva di guadagnare notevole tempo, per lui tanto prezioso.

Era molto appassionato della sua professione, che considerava una vera missione, mirando non solo a guarire i corpi ma anche rinfrancare gli spiriti.

Un giorno alcuni pazienti si mostrarono piuttosto preoccupati per le conseguenze di una iniezione endovenosa, che provocò in loro febbre alta con tremiti.

Chiamato d'urgenza, egli fece le dovute indagini e scoperse che si trattava di alterazione di calcio nelle fialette. Assicurato dalla ditta produttrice non esservi alcun pericolo, egli ritornò subito alla nostra casa per tranquillizzare gli animi.

 

Casa Salesiana di Piossasco

Era ben felice quando poteva dare il suo benestare per il ritorno dei confratelli alle comunità di provenienza. Si congratulava con loro, condividendone la gioia nel restituirli guariti di corpo e di spirito.

Se invece si accorgeva che qualche ammalato dava segni di peggioramento ed aveva bisogno di cure speciali nella clinica, egli stesso si offriva a portarlo con la sua auto e a raccomandarlo alle autorità mediche.

Questo gli costava tempo e noie, ma faceva tutto volentieri soddisfatto dell’opera buona compiuta.

Quando fui in grado di lasciare la Casa di Piossasco, egli volle venirmi a salutare nella nuova destinazione fendersi conto della mia salute.

Dopo 21 anni fui di ritorno a Piossasco come Superiore della Casa. Ebbi così modo di conoscere più intimamente il caro Dottore e di apprezzarne meglio le doti di mente e di cuore.

Era di una bontà inalterabile, anche quando i pazienti lo mettevano a dura prova. Sebbene sapesse di trattare con persone consacrate a Dio, non mancava di ravvivare i loro sentimenti di Fede.

Prendeva volentieri parte alle nostre feste di famiglia, intrattenendoci con la sua conversazione sempre gioviale e scherzevole.

Accompagnandoci ad una gita alla Moretta, in casa del fratello di un nostro venerando sacerdote, venne a sapere che la sposa del mezzadro — di 32 anni — giaceva inferma per grave malattia.

La volle visitare e le prescrisse i rimedi del caso. Poi le fece animo, assicurandola che sarebbe guarita. La poveretta soffriva da ben due anni. Per questa opera buona egli non volle accettare un centesimo, contento di aver fatto del bene.

Ritornato con noi alla Moretta l’anno seguente, trovò la sposina perfettamente guarita ed in piena attività. I mezzadri gli fecero festa e vollero manifestare la loro riconoscenza con alcune bottiglie di vino pregiato della zona.

Gli era particolarmente cara la festa di San Giovanni Bosco, cui non voleva mancare, liberandosi alle scopo da ogni impegno.

Fu dopo il pranzo di una di queste solennità, che aperse il suo cuore per rivelarci la sua profonda pena per le croci che il Signore aveva permesso nella sua famiglia.

Con questo atto egli volle renderci partecipi non solo della sua vita esteriore, ma anche delle intimità del suo focolare domestico.

Per ben trentasette anni si prodigò in favore delle Case Salesiane di Cumiana e Piossasco, mostrandosi sempre padre, amico e fratello e rifiutando ogni retribuzione.

Ma la sua carità si estese anche ai poveri e bisognosi, che godettero della sua bontà premurosa e generosa.

Quale segno della nostra riconoscenza, pensammo di procurargli un riconoscimento pontificio per le sue benemerenze e godemmo con lui, quando venne insignito della Commenda di San Gregorio Magno.

Ora Egli non è più tra noi, ma la sua memoria rimarrà imperitura in quanti lo hanno conosciuto e ne hanno esperimentato la squisita carità.

Caro Commendatore, il Signore ha voluto chiamarti a Sé per premiarti del bene compiuto su questa terra. Ed io immagino quanto sarà stato gioioso tuo incontro con Gesù, che ricordandoti le numerose tue opere di misericordia verso i fratelli sofferenti, ti avrà ripetuto quelle consolantissime parole: « Tutto questo l'hai fatto a me »!...

DON PIETRO FARINA

Una dolorosa spina nel cuore

Svolgeva con impegno il suo lavoro di Medico, dissimulando la dolorosa spina che gli lancinava il cuore; e questo per circa 40 anni dalla nascita del primo figlio.

Egli aveva compreso e prevedeva che i suoi due figli non sarebbero mai stati capaci di guadagnarsi il pane; e quindi pensava a sistemare il loro avvenire. Li affidò all'Istituto Cottolengo di Pinerolo, dove provvide alla costruzione di un piccolo alloggio, proprio per loro; come pensò alla costruzione di una casetta in montagna, oltre Pragelato, dove avrebbero potuto recarsi in villeggiatura. E in fine, con suo testamento in data 18-5-1962, lasciò tutti i beni di sua proprietà al suddetto Istituto Cottolengo, con l'incarico di provvedere alle necessità spirituali e temporali dei figli per tutta la loro vita.

A portare la pesante croce, gli fu compagna per molti anni la gentile sig.ra Giovannone Maria che aveva sposato l'8 settembre 1924. Donna ricca di molta virtù, molto pia e religiosa, sensibile e premurosa. Chi soffriva di più, il papà o la mamma?

La moglie Sig.ra Maria Giovannone

E la prima a cadere sotto il peso della Croce fu Lei, che moriva nel maggio 1962.
Un altro sostegno a portare la sua Croce lo trovò nella Fede religiosa, nella quale era nato e cresciuto, e che praticava senza ostentazione e senza rispetto umano.

Apparteneva a quei medici, i quali nonostante i molti impegni, trovano ancora il tempo per assistere alla Messa festiva.

Ogni domenica mattina lo si poteva vedere alla Messa prima da solo o accompagnato dalla sua signora.

La sua Croce si appesantì ancora, quando con la scomparsa della moglie, si trovò tutto solo a combattere contro le avversità della vita.

E fu in questo periodo 1962-1965, che qualcuno, senza comprensione e senza riguardi, ha tentato di amareggiargli di più la vita. Il Dottore se ne lamentava fortemente.

E intanto continuava a lavorare per i suoi figli, mentre riduceva la sua attività, sentendosi stanco fisicamente le moralmente.

Forse presagiva prossima la sua fine, quando disse ad alcuni malati che visitava: « lo sono più malato di voi ».

Morì sulla breccia.

Il mattino, in cui si sentì male, aveva numerosi clienti, che in anticamera attendevano il loro turno per essere visitati e curati: li dovette licenziare, perchè non ne poteva più. Poi il male precipitò. La dolorosa spina al cuore si era approfondita. Chiese di essere assistito dal prof. Stefano Battistini, il quale visitandolo, lo trovò subito grave e lo fece ricoverare all'ospedale San Giovanni di Torino, ove stette pochi giorni.

Poi il male (emorragia cerebrale) improvvisamente si aggravò tanto da non lasciare più nessuna speranza di miglioramento.

Fu riportato a casa sua, a Piossasco, ove a poco a poco si spense, senza aver ripreso conoscenza.

Era l'8 febbraio 1966.

GLI IMPONENTI FUNERALI

Aveva scritto nel suo testamento che desiderava, sì, molta gente, ma funerali modestissimi, senza coreografia, senza esteriorità, non fiori, ma preghiere e opere di bene.

Di fatti non ci fu neppure una corona. Aveva detto un giorno: « Mi piacerebbe vedere il mio funerale ». E avrebbe veduto quello che abbiamo visto noi: una fiumana di gente triste e lagrimante, quale forse non si era mai vista a Piossasco; accorsa anche dai paesi cir¬convicini, ai quali il Dottore estendeva le sue cure.

Autorità Comunali con il Gonfalone, i Dipendenti Municipali, i Dirigenti e rappresentanze di vari Enti, di Organizzazioni, fra cui il Gruppo ex Alpini di Piossasco, insegnanti e scolaresche di Piossasco e degli Istituti Salesiani e del Cottolengo di Pinerolo.

Dopo la Messa funebre nella Chiesa di S. Francesco gremita in modo eccezionale, il corteo che si snodava verso il cimitero sostò sulla piazzetta della chiesa per ascoltare l'elevato elogio funebre pronunciato dal Piossaschese geom. Luigi Boursier, che suscitò com¬mozione e lacrime.

Lo pubblichiamo integralmente:

In memoria del dottor Francesco Alfano

Concittadini carissimi

il medico Franco Alfano non è più tra noi: egli ha concluso la sua giornata terrena nella serenità del giusto, accarezzato dall'affetto spontaneo di quanti ebbero modo di constatare ed apprendere la magnanimità del suo animo e la continua abnegazione della sua vita.
In Lui bontà e generosità; sentimenti eccelsi e continue opere di bene, si sono costantemente susseguiti dando un significato profondo ed esemplare dell'uomo che visse nel lavoro per l'esclusivo bene altrui.
Lo piangono, con coloro che gli sono legati da vincoli di parentela, gli amici, i conoscenti e specialmente chi ottenne dal suo cuore l'aiuto e la comprensione ed i benefici del suo alto intelletto; restano costernati soprattutto i poveri, perchè tra i poveri il medico Alfano massimamente elargì il suo aiuto ed i suoi beni con quella nobiltà che racchiude in se stesso l'insegnamento divino.
Lo ricordiamo ancor giovane lasciare gli studi per accorrere sulle alture del Piave per l’adempimento del suo dovere senza timore della morte che gravemente lo sfiorò quando una pallottola nemica lo colpì alla testa.
Ritornò a Piossasco coi suoi anni di guerra con i segni evidenti che la vita vissuta tra le trincee lascia nei corpi e nello spirito di coloro che dimostrano lo sprezzo del pericolo e l'amor di Patria.
Riprese serenamente gli studi interrotti e li portò a compimento iniziando la carriera di medico nel lontano 1922.

Con diuturne opere di bene e di amore si affermò amato medico di questo Paese che per sempre lo racchiuderà nelle sue zolle e lo terrà per se come ammonimento agli ingiusti, come esempio a coloro che della vita sentono di farne una missione.

Ma il futuro per il medico Alfano purtroppo richiedeva altre innumerevoli prove di coraggio e di sacrifici, lo voleva purificato nel dolore e nel tormento; lo vediamo quindi piegato nelle indicibili sventure di padre, continuamente in lotta con sé stesso per trovare la forza d'animo intesa a lenire le altrui sofferenze fisiche e morali.

Questo è il vero significato della vita del medico Francesco Alfano, questo è quanto lo pone nell'eccelso posto dei migliori: è così che ognuno di noi lo ricorda. Uomo tormentato dalla più indicibile tragedia che sa trovare la serenità e la volontà di trasfondere agli altri i tesori della sua conoscenza di medico e lenire le sofferenze.

Nel lavoro disinteressato cercava il significato della sua esistenza e lo prestava essenzialmente per i poveri; infatti per ben 35 anni, rinunciando ad ogni mercede nella carica di Ufficiale Sanitario, che le autorità del tempo vollero concedergli ed in eccezione di legge mantenergli, ebbe modo di dare, dare se stesso con le sue prestazioni, con le sue rinunce, ai poveri di questo paese che in mille modi andavano dimostrando la loro riconoscenza, la loro stima; tutti volevano bene al medico Alfano e dai livelli sociali più alti miriadi di attestati di simpatia e di considerazione gli pervenivano ed egli se ne serviva per curare il suo incurabile dolore, per lenire gli effetti della tragedia che lo perseguitava e che da non molto l'aveva privato anche della Sua compagna; lasciandolo nella più triste solitudine che porta tremenda angoscia nell'animo di coloro che non sanno vedere la vita nell'effettivo suo vero significato supremo.

Sia ricordato per sempre il medico Alfano e voglia il Cielo che in questo caro paese si faccia strada un degno suo successore affinchè i derelitti non sentano per molto l'assenza della mano amica che ora gelida stringe il santo Rosario; non sentano che hanno perso l'appoggio morale del loro disinteressato medico, non sentano il vuoto della sua assenza.

Ricordiamo, o cittadini carissimi, nella preghiera e nelle opere di bene l'insegnamento di tutta la vita di Francesco Alfano e ritroviamoci nell'opera di bene, perchè solo nel bene sta radicato quanto di meglio l'uomo può fare; ma se qualche atto d'ingratitudine, di incomprensione dovesse offuscare l'alta figura del dott. Francesco Alfano, sia la coscienza popolare, siano le migliaia di opere sante da esso compiute, sia il giudizio dei buoni, siano infine i poveri a ridargli splendore con le parole e con le opere, e rivedendo nell'ordinato cimitero piossaschese la tomba che racchiude le sue spoglie tutti si sentano spinti ad egregie cose.

Piossasco ti saluta dott. Alfano e ti dice: riposa in pace.

Il popolo che seguiva in mesto corteo ripeteva unanime: « Un medico come il dott. Alfano, non l'avremo mai più! ».

Le lontane e nobili origini della famiglia Alfano

Il dott. Alfano, se non nascose mai la sua umile nascita fra i rurali dei Luisetti, taceva invece sulle lontane e nobili origini della sua famiglia; non era ambizioso. Di fatti a Piossasco nessuno o ben pochi ne sono al corrente.

Dall'Ufficio Araldico Italiano risultano le seguenti notizie:

« La Famiglia Alfano è originaria da NOLA, alla cui nobiltà venne aggregata dal 1351. Dopo il 1560 da qui diramossi in altre regioni d'Italia: Toscana, Piemonte.

Il nome le venne dal Feudo di ALFANO da essa posseduto vivente verso il 1200. Fu illustrata da uomini di valore, fra cui degni di nota Giovanni vescovo di Nola 1349; Giuseppe vescovo di Perugia 1654. Nel campo delle lettere prevalsero Francesco oratore d'Università in Bologna 1675; Giuseppe latinista e scrittore di prose elevate 1745; Franco fu musicista autore di opere musicali del XIX secolo.

Alcuni suoi membri furono ricevuti nell'Ordine di Malta (ebbe uno stemma che qui pubblichiamo).

I colori dello Stemma ricordano nella figura degli smalti le gloriose imprese che illustrarono la stirpe: Arma d'azzurro alla fascia d'argento, accompagnata in alto da altre stelle ordinate in fascia, e in punta da un monte di tre vette d'argento. Le stelle sono di otto punte raggianti in oro ».

Onorificenze e croci

Era Commendatore dell'Ordine di San Gregorio Magno, Papa; la nomina gli era venuta da Roma, dal Vaticano, per interessamento dei Superiori Salesiani, perchè era Medico delle loro case.

Il Decreto di nomina è in data 13 maggio 1953, emanato dal Papa Pio XII. Il Dottore poteva fregiarsi del distintivo dell'Ordine, consistente in una croce d'oro a otto punte.

Fu questo un alto riconoscimento dei molti suoi meriti.

Diploma di Commendatore dell'Oerdine di San Gregorio Magno

Era anche Cavaliere dell'Ordine della Repubblica.
Il Decreto di nomina, che è firmato dall'onorevole Segni, Capo dello Stato Italiano, ha la data del 27 dicembre 1962.

Vi si legge che il Presidente della Repubblica, in considerazione di particolari benemerenze, sentita la... su proposta del... ha conferito l'onorificenza di Cavaliere al Dott. Francesco Alfano con facoltà di fregiarsi delle insegne stabilite.

Il Decreto con le relative Insegne gli venne solennemente consegnato in Municipio, alla presenza di Autorità e Personalità diverse.

Altra cerimonia grandiosa fu celebrata in Municipio, quando nel 1960 gli venne donata una medaglia d'oro a ricordo dei suoi 30 anni di servizio quale Ufficiale Sanitario del Comune.

Con la medaglia gli fu offerta una pergamena, inquadrata in una vistosa cornice dorata.

La pergamena raffigura un libro aperto: sulla pagina a sinistra riferisce che: « Al dott. Alfano Comm. Francesco da 30 anni Ufficiale Sanitario di Piossasco, l'Amministrazione Comunale per unanime segnalazione di Popolo, tributando onore al merito, Offre Aureo Segno ».

La pagina a destra trascrive la "delibera" del Consiglio Comunale, che all'unanimità per spontanea acclamazione, decideva di offrire all'Ufficiale Sanitario Dott. Alfano Francesco Si riconoscimento dell'opera svolta in un trentennio, a favore di tutta la popolazione di questo Comune.

 

 

Pergamena attestante la delibera del Consiglio Comunale che offrì al
dott. Alfano in riconoscimento delle sue benemerenze a favore delle nostre popolazioni.

Le doti di mente e di cuore del Dott. Comm. Francesco Alfano, le sue opere e il suo eroismo nell'adempimento del dovere, non potevano avere una conferma migliore...

www—www

L’Ufficiale Sanitario

Per trentacinque anni consecutivi fu Ufficiale Sanitario di Piossasco e per tal ragione nel 1960 ricevette una Medaglia d'oro dal Comune del nostro paese, durante una grandiosa cerimonia, celebrata in suo onore.
Tutti i vecchi Piossaschesi si ricordano di lui: intendo parlare del Dott. Francesco Alfano, medico chirurgo, Commendatore dell'ordine di San Gregorio Magno Papa e Cavaliere della Repubblica, nato il 29 novembre 1896 alla Frazione Luisetti di Cumiana.
Prese parte alle due guerre mondiali.
Così scriveva a casa dal fronte il 9 settembre 1916 il giovane sottotenente Alfano, a quel tempo studente, in una lettera contenente alcuni piccoli fiori: "Questi ciclamini, che vedete nella presente mia, li ho raccolti sull'orlo di una trincea austriaca, tutta sconquassata, in seguito all'avanzata nostra nei giorni 9-14 del mese scorso.
Crescevano in mezzo alle rocce e sono preziosi. Teneteli preziosi. Un bacio affettuoso a tutti.
Firmato: Sottotenente Francesco Alfano - 74° Fanteria - II Compagnia, zona di Guerra".
Nel 1917 a Castagnevizza fu ferito alla testa da una scheggia di granata.
Nel 1918 alla fine della guerra, così scriveva alla madre:
"Mamma carissima,
oggi siamo scesi al piano, a riposo, con la musica in testa.
Che contentezza, che festa! Tutti i soldati cantavano e quasi non sentivano la stanchezza di due mesi continui di trincea e di parecchi giorni di combattimento. Ho provato una felicità, che non so quando abbia provato l'eguale. I soldati cantavano, come se tornassero da una festa da ballo.
Le buonissime notizie, che ci giungono da tutte le parti, coronano di gloria e di meritata vittoria i nostri sforzi di anni di angoscia di guerra asprissima.
Il nemico secolare è abbattuto e schiacciato, per merito della nostra forza.
Abbiamo vinto e siamo soddisfatti.
Nessun premio ci accontenta; basta la soddisfazione, che proviamo, per aver compiuto il nostro dovere.
L'Italia tutta deve essere orgogliosa e contenta del nostro operato. I nostri Superiori pochi giorni or sono, ci hanno gridato: "Il mondo vi guarda; fate tutti il vostro dovere!" E noi l'abbiamo fatto e ne andiamo orgogliosi.
Non potrò mai esprimere l'impressione che ho provato, nel tornare sano e salvo in mezzo alle popolazioni, che ci acclamavano e portavano in trionfo.
Avrete certamente sentito le notizie del nostro operato e delle nostre vittorie.
Dì salute sto bene. Domani andrò colla mia compagnia, a posare i pidocchi... faremo il bagno...
Bacioni a tutti. Francesco".
Prese parte alla seconda guerra mondiale, col grado di Capitano e ricevette l'incarico di dirigere il Servizio Sanitario del Settore "Baltea", nella zona d'Aosta.
A Piossasco aveva l'ambulatorio medico e il gabinetto dentistico in via Alessandro Cruto e sempre si prodigò per tutti.
Era felice, quando con le sue diagnosi e i suoi interventi tempestivi riusciva a salvare una vita.
Alcuni giorni prima che venisse colpito dal male, che lo condusse alla tomba, si lamentava di sentirsi affaticato e sfinito per il troppo lavoro.
Forse presagiva la sua fine, quando disse ad alcuni pazienti, che visitava: "lo sono più malato di voi".
Morì l'8 febbraio 1966, per emorragia cerebrale: il giorno, in cui fu colto da malore, aveva parecchie persone in sala d'aspetto, in attesa di essere visitate, che lasciarono l'ambulatorio costernate.
I funerali furono imponenti: ad essi parteciparono, oltre alla popolazione di Piossasco e dei paesi vicini, le Autorità Comunali, il gruppo ex Alpini, varie altre Assciazioni e le scolaresche con i rispettivi insegnanti. Tutti ascoltarono commossi l'elogio funebre, pronunciato dal geom. Boursier, che è qui riportato integralmente:

"Concittadini carissimi,
il medico Francesco Alfano non è più tra noi: egli ha concluso la sua giornata terrena nella serenità del giusto, accarezzato dall'affetto spontaneo di quanti ebbero modo di constatare ed apprendere la magnanimità del suo animo e la continua abnegazione della sua vita. In lui bontà e generosità, sentimenti eccelsi e continue opere di bene si sono costantemente susseguiti, dando un significato profondo ed esemplare dell'uomo, che visse nel lavoro, per l'esclusivo bene altrui.
Lo piangono, con coloro che gli sono legati da vincoli di parentela, gli amici, i conoscenti e specialmente chi ottenne dal suo cuore l'aiuto, la comprensione ed i benefici del suo alto intelletto; restano costernati soprattutto i poveri, perché tra i poveri il medico Alfano massimamente elargì il suo aiuto ed i suoi beni.
Lo ricordiamo ancor giovane, lasciare gli studi, per accorrere sulle alture del Piave, per l'adempimento del suo dovere senza timore della morte, che gravemente lo sfiorò, quando una pallottola nemica lo colpì alla testa.
Ritornò a Piossasco coi suoi anni di guerra, con i segni evidenti, che la vita vissuta tra le trincee lascia nei corpi e nello spirito di coloro, che dimostrarono lo sprezzo del pericolo e l'amor di Patria.
Riprese serenamente gli studi interrotti e li portò a compimento, iniziando la carriera di medico nel lontano 1922.
Con opere di bene e di amore si affermò amato dottore di questo paese, che per sempre lo racchiuderà nelle sue zolle e lo terrà per sé, come ammonimento agli ingiusti, come esempio a coloro, che della vita sentono di farne una missione.
Nel lavoro disinteressato cercava il significato della sua esistenza e lo prestava essenzialmente per i poveri; infatti per ben trentacinque anni, rinunciando ad ogni mercede nella carica di Ufficiale Sanitario, che le autorità del tempo vollero concedergli ed in eccezione di legge, mantenergli, ebbe modo di dare, dare se stesso con le sue prestazioni, con le sue rinunce, ai poveri di questo paese, che in mille modi andavano dimostrando la loro riconoscenza, la loro stima.
Piossasco ti saluta, dott. Alfano e ti dice:
riposa in pace".

Dal libro: "Piossasco e la Parrocchia di San Francesco" di Miranda Cruto

www—www

fotografie della scuola ai Luisetti di Cumiana

Maestra Rapelli Angela anno 1948

Anno scolastico 1951-1952

 

Dizionario geografico Goffredo Casalis

 

Piossasco (Plotiascum, Plossascus, Plozzascus), comune nel mandamento di Orbassano, prov. di Torino. Dipende dal senato di Piemonte, intend. gen. prefett. ipot. di Torino, insin. di Rivoli, posta di Orbassano. Molte frazioni compongono questo comune: le principali son quelle che si chiamano Piazza, Marchile, Campetto, Cappella, Allivellatori e Prese.
Il suo territorio, di giornate 12,500 circa, consiste in una pianura a mezzodì, in una collina, e in una montagna a mezzanotte. Il luogo principale, cui si dà volgarmente il nome di Borgata, giace appiè del monte detto di San Giorgio: è distante otto miglia dal capoluogo di provincia. I confini di questo comune sono a levante Volvera, ad ostro Piscina, a ponente Cumiana, Giaveno, Trana, e a borea Sangano, Bruino, Rivalta. Le villate ivi denominale Piazza, Campetto e Cappella stanno in collina. Quella cui si dà il nome di Prese trovasi in montagna: Marchile, un luogo detto Pavero, e quello degli Allivellatori sono situati in pianura.
Questo paese è discosto un miglio da Bruino, miglia due da Sangano, Rivalta, Orbassano, Volvera, e tre dal luogo di Trana.
La strada provinciale da Pinerolo a Susa attraversa l'agro di Piossasco nella direzione da mezzodì a tramontana pel tratto di 6400 metri: corre ben da presso al principale abitato. Una nuova strada consortile dipartendosi dalla principale suddetta presso le abitazioni cui si dà lo special nome di Borgata, scorge a Torino passando per Orbassano: percorre sul territorio di Piossasco un tratto della lunghezza di metri 4000: venne condotta a termine verso il fine dell'anno 1842.
Altre vie comunali, che si dipartono da questo paese, mettono a Rivalta ed Orbassano verso levante, alla Volvera versò mezzodì, a Cumiana verso ponente: quella per Rivalta; della lunghezza di metri 3500 circa, è in mediocre stato; e tale vedesi pur quella, che sopra un'estensione di metri 5600, scorge alla Volvera. Alcune delle vie di comunicazione tra i vari luoghi componenti il comune, sono assai praticabili.
Sull'agro di Piossasco, e in vicinanza del principale abitato, si aderge il monte di San Giorgio, cosi denominato da un oratorio sotto il titolo di questo santo; il quale oratorio sorge in sulla vetta del monte medesimo, ed anticamente era proprio de' monaci Benedettini. Il suolo, che giace alle falde del monte di San Giorgio, è di mediocre fertilità, e coltivasi viti, ed a prati: quella parte del medesimo, che trovasi in maggiore elevatezza, massime quella, che è di privata proprietà, coltivasi a piante cedue, che forniscono un'eccellente rusca per uso delle concie, e bronconi per sostegno dei vigneti in grande quantità: la parte verso la maggior sommità, propria del comune, non offre che ignude roccie.
Questo monte è in generale poco ferace; ma presenta bellissime vedute: chi ascende presso la sua cima, vede quasi tutto il Piemonte: nell'autunnale stagione vi si recano non poche persone, attrattevi dall'aria fresca e purissima che vi si respira: una scelta compagnia di giovani piossaschesi, che chiamasi Giorgiana, vi si reca in ogni anno festosamente nei primi giorni di settembre. Non vi ha alcuna strada rotabile; ma vi serpeggia un sentiero, per cui si sale comodamente a piedi, ed eziandio con bestie da soma. A manca del lato australe, poco lungi dalla parrocchia di San Vito, evvi una fontana detta della Brenta, perchè l'acqua ne scaturisce dalla cavità di un sasso della capacità di un brenta. Inesauribile è questa sorgente: l'acqua, che n'esce mai sempre in gran copia eziandio nelle maggiori siccità, è fresca, e leggerissima. L'uso della medesima giova per guarire dalle cachessie è dagli umori salini. Appiè del monte di S. Giorgio sorge un monticello, che serve unicamente di pascolo comune, e si chiama di San Valeriano dà una cappella dedicata a quel santo, che si vede sul vertice di esso. Ad un quarto di salita, vi si rinviene dell'amianto.
Varie correnti d'acqua bagnano i terreni di Piossasco e sono il Chisola, il Torri, il Sangonetto, la bealera superiore, quella che chiamasi Ritana , ed alcune altre che si chiamano inferiori.
Il torrente Chisola proviene dalle montagne di Cumiana, solca una parte dell'agro di questo comune, passa in quello di Piossasco nel suo lato meridionale, ed indi rivolgendosi al luogo di Volvera prosiegue il suo Corso insino al Po.
Esso attraversa sul piossaschese territorio la strada provinciale che da Pinerolo tende a Susa, e vi è valicato da un ponte in cotto statovi costrutto a spese della provincia di Torino: l'acqua non essendone perenne scarseggia di pesci.
Il rivo Torri discende dai balzi di Piossasco verso ponente, e dopo un breve corso su questo suolo, va a scaricarsi nel Chisola, attraversando la strada comunale per a Cumiana: ad esso vi soprastà un ponte in legno.
Il rivo Sangonetto, così chiamato perchè è un braccio del torrente Sangone, ha la sua origine nel luogo di Trana, in distanza di tre miglia da Piossasco tra ponente e borea serve di scolatore per le acque che discendono dalla montagna di Sangano verso levante, riceve una parte di quelle che si adoprano per l'irrigazione dei prati, e intersecando il territorio di Piossasco nella direzione da tramontana a mezzodì va eziandio a metter capo nel torrente Chisola. Il Sangonelto interseca parecchie vie comunali sotto a ponticelli di cotto; attraversa pure la strada provinciale, ove tragittasi col mezzo di un bellissimo ponte di cotto. Le acque di questo rivo servono ad irrigare i prati , e a dar moto a quattro edifizi meccanici. I pochi pesci alimentati dal Chisola e dal Sangonetto sono di buona qualità.
La bealera superiore,che è un canale destinato ad adacquare i prati,derivasi dal torrente Sangone in vicinanza del luogo di Trana; passa pel territorio di Sangano, e s'inoltra in quello di Piossasco, solcandolo da levante a ponente.
La bealera Ritana formasi in sul territorio di Bruino da due diramazioni provenienti l'una dal Sangonetto, l'altra direttamente dal Sangone; scorre in sull'agro di Piossasco verso levante.
Le bealere inferiori si chiamano di Braida, Paperia, Savino, Rosso e S. Lazzaro; dipartendosi dal Sangonetto diramatisi per irrigare le praterie situate ad ostro di questo paese.
Le parti orientale ed australe del territorio sono assai feraci: meno fertili sono quelle situate a ponente e borea. Gli abitanti raccolgono ogni sorta di cereali tranne il riso: ma non se ne, fanno racolte sufficienti pei bisogni dell'intiera popolazione, la quale deve procacciarsi altrove la quantità che le manca. In alcuni, anni si fa vino in tale abbondanza, da poterne smerciare il soprappiù nei circonvicini villaggi, ed anche nelle città di Torino e di Susa. Il bestiame bovino non vi è un oggetto di traffico attivo: i principali prodotti che si esportano di questo paese sono quelli della rusca che in grande quantità vendesi a Torino, Vigone, Carignano, Caramagna ed altrove; la legna da ardere e da costruzione, i pali ed il carbone, che si smerciano in Torino. Gli abitanti dell'infima classe traggono un notevole guadagno dal raccogliere il così detto tribio, cui ritrovano in alcune praterie, e nei gerbidi, il quale prodotto si trasmette in Francia.
Due ne sono le parrocchie: la più antica è quella dedicata ai Santi Martiri Vito, Modesto e Crescenzo, la cui festa si celebra senza concorso di forestieri. Questa chiesa antichissima, ch'era già ufficiata dai monaci Benedettini, sta nella borgata di Piazza, la quale sino al fine del passato secolo veniva riguardata come capoluogo, ed aveva la casa comunale. L'altra parrocchia eretta nel 1797, sta nella Borgata, che di presente è il capoluogo del comune. Eravi già un convento, che apparteneva ai minori conventuali di San Francesco, stabiliti in questo paese nel 1638: il convento fu soppresso nel 1797: l'annessa chiesa di moderna costruzione, venne quindi eretta in parrocchia sotto l'invocazione di S. Francesco d'Assisi: la casa de'conventuali fu in parte assegnata alla nuova parrocchia, e in parte ceduta al comune.
Vi esistono parecchie altre chiese: nel distretto parrocchiale di S. Francesco si contano quelle denominate, del Carmine, di S. Rocco, di S. Giacomo, del nome di Maria Vergine, della Consolata, di S. Bernardo e di S. Grato; la prima è uffiziata da una confraternita: l'ultima sta in campagna.
Nel distretto parrocchiale di S. Vito si trovano le seguenti chiese: del nome di Gesù, di M. V. della Concezione, di S. Antero, di N. D. della Neve, di S. Maria Maddalena e di M. V. delle Grazie: quella del Gesù, posta nella Borgata di Piazza, è sede di una confraternita dello stesso nome. In Campetto è quella di S. Antero: la chiesa di N. D. concepita senza peccato sta nel luogo di Marchile: il tempietto di N. D. della Neve trovasi nella borgata delle Prese: nel sito che chiamasi della Cappella esistono le chiesette di M. V. delle Grazie, di S. Maria Maddalena. Gli oralorii di S. Virginio, di S. Gioanni Battista, di S. Bernardino, della Madonna del Prarosto, di N. D. della Consolata, di S. Anna, di S.Valeriano, di S.Giorgio ritrovansi parte in campagna, parte sui monti, ed alcuni anche nei varii castelli del comune.
Un solo cimiterio, statovi costrutto non è gran tempo, serve per le due parrocchie: giace ad ostro del paese in sulla strada provinciale che tende a Pinerolo: è sufficientemente discosto dall'abitato.
In Piossasco si fa un mercato nel giovedì di ogni settimana: si mettono in vendita varii oggetti di traffico, e principalmente stoffe di varie sorta, telerie, chincaglierie ed erbaggi.
Evvi un pubblico peso, il quale è proprio del comune.
Gli abitanti sono per lo più di complessione molto robusta, di buona indole, docili, costumati ed ospitali: di buon grado soggiaciono a notevoli dispendii , e a gravi fatiche, quando si tratta di edificar nuove chiese, o di riattare, o di abbellire le già esistenti.
Popolazione 3550.

Cenni storici. Il Baldessano pretende che un Marco Plauzio fosse quegli che dava il nome a questo luogo; ma non pose innanzi alcuna prova, da cui si renda probabile l'asserzione sua. Nell'atto con cui l'immortale Adelaide ampiamente dotava l'abbazia di Pinerolo, il villaggio di cui qui si parla è denominalo Plausiasca.
Landolfo vescovo di Torino nel 1011 confermò alla badia di Sangano tutti i beni che le erano stati conceduti da Gezone suo antecessore e fondatore della medesima; nè a ciò stando pago le aggiunse le chiese di alcuni villaggi dipendenti dalla Pieve di Sangano, tra cui si novera quella de Plociasca.
Nell'anno 1057 un Sigifredo prete, figliuolo di Adelgido che viveva secondo la legge longobarda infra castro Plautiascha, stipulava un islrumenlo a favore dei monaci di S. Giusto di Susa.
Piossasco fu capo di uno dei quattro più illustri contadi del Piemonte, e diè il nome ad una famiglia la quale per grande numero di uomini insigni, e per titoli di antiche signorie vuol essere annoverata fra le principali non solo del Piemonte, ma ben anche della Lombardia. Questa nobilissima famiglia benché distinta in varii rami che presero gli agnomi di Federici, di Feys, di Folgori, di Rossi, tuttavia discendono tutti dal medesimo stipite, e tutti s'intitolano conti di Piossasco, per concessione loro fatta dal duca di Savoja Amedeo IX nell'anno 1445, in cui eresse in contea la signoria di questo .villaggio.
Alcuni scrittori avvisano che lo stipite di quest'illustre prosapia fosse uno di quei baroni longobardi, i quali dopo la caduta del loro re Desiderio, furono da Carlomagno lasciati nel possesso dei loro castelli, e presero il nome dal luogo principale del loro dominio.
I conti di Piossasco possedettero in diversi tempi i feudi di Piossasco, Scalenghe, None, Volvera, Ajrasca, Piobesi, Castagnole, Oliva, Tavernette, Piscina, Marsaglia, Ceretto, Baldissero, Bejnasco, ed ebbero la castellania perpetua, e il pedaggio di Rivoli, che da un Federico Piossasco fu impegnato nel 1313 al vescovo di Torino. Un Merlone ed un Ardizzone de' Piossaschi, i quali nel secolo XII avevano giurisdizione sul castello e sul luogo di Testona, da essi permutati col feudo di Piobesi nel 1693 per contratto stipulato col vescovo torinese, possedevano anche un pedaggio nella medesima città di Torino; pedaggio che Guglielmo re dei romani diede poscia al conte Tommaso di Savoja.
I conti di Piossasco essendosi coll'andar del tempo moltiplicati in grande novero di persone, oltre gli agnomi che assunsero per distinguersi gli uni dagli altri, divisero anche Piossasco in tre principali quartieri, uno dei quali fu assegnato ai signori di Scalenghe, l'altro a quelli di None e di Ajrasca, il terzo ai signori di Piobesi, ed a quelli che si denominavano semplicemente da Piossasco.
Che il luogo di Piossasco divenisse importante sotto la dominazione dell'inclita stirpe dei Piossaschi, chiaramente apparisce dalle molte opere di fortificazione che anticamente vi venivano innalzate da loro. L'angolo tra mezzodì e ponente del monte di S. Giorgio è occupato da vetusti castelli, ed altre volte era cinto di baluardi, di cui una parte sta tuttora in pie. Nel sito più elevato vi esistono le rovine di una antichissima rocca , la quale dal volgo chiamasi del Gran Merlone. Nello stesso recinto si vedono varii altri spaziosi castelli, di cui alcuni sono rovinati, ed altri servono ancora ad uso di abitazione.
Da prima i signori di Piossasco erano tutti vassalli dei marchesi di Susa, e quando la successione di essi marchesi passò alla casa di Savoja, furori dei primi a prestarle l'omaggio di fedeltà; e fu questo il motivo, per cui i Sabaudi principi loro concedettero molte prerogative sopra gli altri nobili del Piemonte. Vedi Luserna, vol. IX, pag. 957 e seg.
I piossaschi essendosi uniti circa il 1190 agli uomini dì Chieri, Testona e Cavorre, lungamente guerreggiarono contro i torinesi, i conti di Biandrate, ed altri loro confederati; ma si rappattumarono con quelli nel 1200 per mediazione degli astigiani e dei vercellesi, i cui podestà di comune accordo furono eletti ad arbitri delle differenze. A nome dei Piossaschi intervenne a quest'accordo un Giacomo Pallio podestà di Testona.
Dopo questa pace i signori di Piossasco, di cui alcuni si erano già stabiliti in Saluzzo, vollero accostarsi ai dominatori di quella città, ch'erano molto possenti, e capi della parte ghibellina; e presso di questi eran già venuti in tanta stima, che oltre all'aver avuto varii feudi nel saluzzese marchesato, poche cose di qualche rilievo si operavano in quella corte marchionale, a cui eglino non avesser parte. Quivi adunque ottennero la giurisdizione sui luoghi di Envie, Paesana e Carpenetto, dipendenti dai marchesi di Saluzzo.
Tra i Piossaschi che si traslocarono in Saluzzo si hanno a noverare:dal Nicolò che nel 1178 sottoscrisse un alto di donazione fatta dal marchese Manfredo II all'abazia di Staffarda: Guidone che dallo stesso marchese fu lasciato tutore del suo nipote Manfredo III, e nel 1201 insieme co'suoi fratelli Bonifacio e Federico era già stato presente all'atto, con cui la consorte di Manfredo II avea comprato il luogo di Racconigi. Lo stesso Guidone Piossasco nell'anno 1222 sottoscrisse il trattato della lega che si strinse tra la città di Torino e il marchese di Saluzzo, e nel 1223 intervenne come testimonio all'atto con cui lo stesso marchese acquistò la terra di Bernezzo: quattro anni prima segnava l'investitura di Cavallerleone, fatta in favore dei marchesi di Busca:
Bonifacio, detto Percivalle , della stessa famiglia, a suo nome, ed a quello del marchese Manfredo III nel 1244 vende alcuni beni nella valle del Po: Bonifacio denominalo il Rosso, figliuolo di Guidone, fu nel 1253 mallevadore verso l’abate di Staffarda per Bonifacio marchese di Monferrato, tutore del marchese Tommaso di Saluzzo.
I signori di Piossasco sono rammentati nella tregua conchiusa il 21 febbraio 1260 tra i provenzali e gli imperiali, come partigiani del signor di Saluzzo, che guerreggiava contro Carlo d'Angiò figlio di Ludovico VIII re di Francia, e come quelli che tenevano sotto il loro comando la città di Chieri.
Vediamo che un Oddonino, un Riccardo, ed alcuni altri della medesima stirpe nel 1278 avevano ancor un palazzo in Saluzzo; ma eglino più non abitarono lungo tempo in quella città; perocché, alienati tutti i beni che possedevano nella saluzzese marca, vennero ad abitare i loro castelli di Piossasco, e dei dintorni di questo paese.
In progresso di tempo molli dei Piossaschi siccome vassalli dei conti di Savoia occuparono distinte cariche civili, militari, e di corte. Tra essi noveraronsi gran priori, ammiragli, commendatori, e cavalieri gerosolimitani, parecchi governatori di città e di provincia, colonnelli, scudieri, senatori e prelati; uno di questi sali alla sede arcivescovile di Tarantasia nel 1493: i più distinti di costoro furono: Merlotto Piossasco, vicario di Chieri nell'anno 1381: Giorgio due volte vicario della stessa città, cioè nel 1300, e nel 1326.
Giacomo che intervenne all'accettazione della conferma dei privilegi fatta alla nobiltà piemontese dal conte Amedeo di Savoja nell'anno 1360, in cui quegli avea la carica di governatore nell'isola di Tenedo:
Bonifacio Piossasco di Scalengbe: nelle mani di questo insigne personaggio fu depositala la fortezza di Tenedo, quando il conte Amedeo detto il Verde nel 138I venne eletto arbitro tra i genovesi, il re d'Ungheria, il signor di Padova da una parte, ed i veneziani, l'imperator di Germania e il re di Cipro dall'altra, i quali erano in discordia per riguardo al possedimento di quell'isola: Giacobino fu vicario generale del Piemonte sotto Filippo principe d'Acaja, che lo mandò ambasciatore alla corte imperiale di Arrigo VII, e presso altri principi: Dizion. Geogr. ecc. Voi. XV.
Andrea, valoroso capitano, che guerreggiò sotto i vessilli dello stesso Filippo principe d'Acaja nelle guerre che questi ebbe a sostenere in Italia.
1 Piossaschi, dopo che il conte Amedeo di Savoja nel 1377 investì il principe Amedeo d'Acaja di molte terre del Piemonte, tra cui furono comprese tutte quelle che formavano la loro contea, prestarono a questo principe ed ai successori di lui l'omaggio di fedeltà, e la ricognizione de' loro feudi, salva la superiorità dei conti Sabaudi.
Bonifacio Piossasco de' signori di Castagnole fu mandato nel 1450 dal duca Ludovico di Savoja a soccorrere i suoi confederati nella guerra contro i genovesi; per la quale spedizione ebbe dal duca il comando di cinquecento fanti e di trecento cavalli, Giacomo Piossasco, colonnello d'infanteria al servizio dell'imperatore Carlo V, ebbe il governo del contado e della città d'Asti nell'anno 1544: in tale carica venne confermalo dal duca Carlo di Savoja dopo che questi ne fece l'acquisto: Merlo, a nome del duca Carlo di Savoja accettò la rinunzia del regno di Cipro, fallagli dalla regina Carlotta nel 1485: Antonio fu presidente del senato di Torino net 1478; il di lui figliuolo Giovanni Ludovico vi fu senatore nel 1489: fu pure presidente dei senato medesimo un Amedeo nel 1529; ed un Ercole fuvvi eziandio senatore, e cancelliere dell'ordine Mauriziano nel 1567: Ajmone di Piobesi de'conti di Piossasco, ebbe la carica di presidente nel senato di Piemonte sotto il duca Carlo di Savoja: mentre trovavasi relegato dai francesi in Monferrante nella bassa Alvernia scrisse alcuni commentarii sui costumi degli alvernesi, ebe si stamparono in Parigi nel 1549: Getulio, dopo essere stato capitano delle guardie del corpo, venne creato cavaliere del supremo ordine della Nunziata nell'anno 1698: Giovanni Ballista dopo essere pervenuto ad eminenti gradi nella milizia fu eletto a governatore dell'importante piazza di Cuneo: Filiberto, gentiluomo onorario di camera di S. A. R., maresciallo di campo, generale gran mastro di artiglieria, poi gran mastro della R.. casa, fu fatto cavaliere dell'ordine supremo della SS. Nunziata nel 1678: egli era stato ambasciatore della Sabauda corte in Baviera, in Francia, in Inghilterra, a Modena, Parma e Milano. Fu per alcuni anni governatore del duca Vittorio Amedeo II. Fra le ambascierie da lui sostenute con plauso, vuolsi anche noverar quella ch'ei sostenne alla corte di Lisbona.
Dell'inclita prosapia dei Piossasco si contano molti cavalieri gerosolimitani, tra i quali nomineremo: Firmino priore di Lombardia nel 1356: Francesco commendatore di Candido nel 1558: Federico ammiraglio e commendatore di Cipro nel 1370; e Pietro commendatore di Candido nello stesso anno: Barlolommeo commendatore di Savona nel 1410: Andrea commendatore del S. Sepolcro in Firenze nel 1411: Giorgio ammiraglio e gran priore di Lombardia nel 1455: Gaspare commendatore di Albenga nel 1455: Edmondo commendatore di Candiolo nel 1459: Goffredo commendatore di CentaIlo nel 1458: Amedeo commendalore di S. Maria de Maltoni nel 1465: Giorgio gran priore di Lombardia, e luogotenente del gran mastro nel 1478: Merlo ammiraglio e priore di Messina, consigliere e ciambellano della duchessa Bianca, governatore del duca Giovanni Carlo Amedeo di lei figliuolo, e governatore dello stato del Piemonte: Bonifacio ammiraglio nel 1477: Emularmele commendatore di Messina nel 1489: Ludovico gran priore di Lombardia nel 1498, ed ammiraglio generale dell'armata di sua religione nel 1513: Gaspare commendatore di Pancalieri nel 1500: Bernardino ammiraglio, gran priore di Lombardia nel 1502: Ercole ammiraglio e commendatore di Lombardia nel 1505: Gaspare commendatore di Tortona nel 1508: Filippo commendatore di Montebello nel 1509; e Gian Francesco commendatore di Moncastello nello stesso anno: Bernardino priore di Capua e di Messina nel. 1513.
Quelli de' Piossaschi, noverali tra i semplici cavalieri gerosolimitani, furono Rinaldo nel 1359: Guido nel 1405: Giovanni Vito nel 1416; questi è probabilmente l'illustre uomo della famiglia dei Piossaschi, che mancato ai vivi nel 1470 venne seppellito nella chiesa di S. Pietro della religione gerosolimitana in Asti; sulla cui tomba è posta un'iscrizione, la quale indica che ivi giace un Giovanni figliuolo di Micheletto de' conti di Piossasco, consigliere ducale, e governatore della città e provincia di Vercelli: Ludovico fu cavaliere gerosolimitano nel 1418: Jacopo il fu nel 1435: Luigi nel 1458: Cesare nel 1480: Gerolamo e Struzio nel 1509: Gian Giacomo nel 1512: Gian Luigi nel 1516; e Paolo nello stesso anno: Antonio nel 1517: Francesco e Jacopo nel 1519: Luigi nel 1523: Barno nel 1528: Gaspare nel 1529: Filiberto nel 1532: Gian Giacomo nel 1559: Carlo nel 1554; Bernardino nel 1568: Alessandro ed Ascanio nel 1577: Emanuele Filiberto nel 1589: Clemente nel 1665: Carlo nel 1665: Carlo Ludovico nel 1669.
Dai conti di Piossasco venne fondato nel luogo di Scalenghe un ospedale, che quindi passò ai cavalieri gerosolimitani: dagli stessi conti fu ivi pure innalzato un monastero per religiose dell'ordine di S. Domenico, il quale cadde in rovina in tempo di guerresche fazioni.
Negli archivi di corte si conservano manoscritti i privilegi e le franchigie del comune di Piossasco, che hanno la data del 1363.
Tra i nobili Piossasco, che ebbero parlicolar giurisdizione feudale su questo villaggio noveriamo i Piossaschi Asinari Derossi di None; i Piossaschi Derossi di Rivalba; i Piossaschi Federici di Beinasco e Volvera; i Piossaschi Feys di Piobesi; i Piossaschi Folgori di Bardassano; i Piossaschi di Ajrasca e Volvera; i Piossascbi Derossi di Ajrasca e Volvera.
Alcuni rami di questa nobilissima prosapia fioriscono ancora ai.nostri giorni.
Il luogo di Piossasco vantasi pure della nobile famiglia. Ambrosio di Chialambert, della quale, in sul finire del secolo passato, si distinse il conte Simone Domenico ministro del re di Sardegna presso la corte di Roma, ove morì nell'anno 1803.

Trascritto come da originale

 

Pag 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - 18 - 19 - 20 - 21 - 22 - 23 - 24 - 25 - 26 - 27 - 28 - 29

 

Maria Teresa Pasquero Andruetto